Precari stabili, di Ugo Morelli, su HR On line

Archivio Sezione Hic et Nunc

Effetti psichici della disintegrazione del lavoro sono già evidenti negli studi che si stanno conducendo sulle esperienze di precarietà lavorativa cronica. Un applauso scrosciante proveniente dalle giovani e dai giovani presenti ha accolto a Milano la lettura di un brano di Primo Levi, in occasione dei festeggiamenti per l'elezione del nuovo sindaco Giuliano Pisapia. Quel brano dice:" L'amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra". Era il 1978 e nessuno avrebbe previsto l'evoluzione attuale della crisi del lavoro e la difficoltà o, come meglio sarebbe dire, il vissuto di impossibilità di accedere ad un lavoro dignitoso da parte dei giovani. Come un precipitato chimico quel vissuto, da fatto economico e sociale, sta penetrando nei sentimenti di sé e del mondo da parte delle giovani generazioni. Intacca le aspettative e gli elementi di base di una seppur minima idea di sé e di futuro. Strana vicenda quella dei commentatori alla leggera della cosiddetta "fine del lavoro". Persino le ideologie antilavoriste avevano negli anni passati raggiunto posizioni che rischiavano di buttare via il bambino con l'acqua sporca. Mentre criticavano l'organizzazione del lavoro vigente, non badavano a spese nel mettere in discussione il valore del lavoro. Appariva conservatore o superato chi, ad esempio, come Francesco Novara, continuava a dire che a cambiare potevano certamente essere le forme del lavoro, ma non certo il lavoro come dato originario interno dell'esperienza umana. Nei suoi seminari trentini, dove spesso veniva da Torino, Novara insisteva sulla prevedibile sciagura individuale e sociale della precarietà e sui rischi di una flessibilità intesa a senso unico. Accanto alla norma e alla tecnica il lavoro ha per noi un valore di individuazione personale e di riconoscimento di sé, come è stato possibile ricordare in una lodevole iniziativa del Sindacato trentino che ha promosso una serie di serate cinematografiche sul lavoro, in collaborazione con quel regno della cultura contemporanea che è e continua ad essere a Trento il Cinema Astra. In quell'occasione, in un film su Francesco Novara, Il senso all'opera, si narra come l'opera che proviene dal proprio lavoro dia senso alla vita delle donne e degli uomini. Ebbene le ricerche in corso sugli effetti psichici della precarietà, anche in Trentino, evidenziano proprio la crisi profonda delle aspettative di vita; la scomparsa di ipotesi di progettualità con conseguente "messa a disposizione di qualsiasi lavoro per qualsiasi durata" da parte dei giovani; l'emarginazione dei più talentuosi e la loro necessaria "fuga", a causa della carenza o assenza di opportunità riconoscibili, come ha evidenziato con chiarezza anche una recente ricerca di Antonio Schizzerotto. Gli ammortizzatori familiari e sociali e le recenti misure della Provincia rendono certamente diversa la situazione trentina. Ma attenzione, non è con il pronto soccorso o l'infermeria, pur se lodevoli, che si crea un progetto di autorealizzazione attraverso il lavoro e una società desiderabile perché in grado di contenere le aspettative di vita e libertà dei propri figli.

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