Partecipazione e democrazia economica nella cooperazione
Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Che il presidente della Cooperazione trentina manifesti delusione rendendosi conto della caduta di partecipazione nel governo delle imprese cooperative, è un buon segno. Ancora più importante è che esprima esplicitamente il problema. Ciò permette di affrontare la questione forse più importante per il sistema cooperativo trentino. A partire dal fatto che una parte importante di chi ha elevate responsabilità nel sistema non la ritiene affatto una questione decisiva. Una visione tecnocratica, improntata a un approccio liberista e utilitarista della finanza, dell’economia e dei mercati, ha trasformato da tempo il rapporto con i soci e la base sociale in una sequela di operazioni di marketing, in cui l’interesse esasperato e il prezzo sono gli unici regolatori della relazione. Che ciò prosciugasse la fiducia e le forme diffuse di appartenenza tra imprese cooperative e soci era inevitabile. Che la cultura dei soci, in un’epoca in cui lo spirito del tempo era tutto proteso in quella direzione, tendesse a trasformarsi in una cultura della richiesta incondizionata e degli sconti come unico regolatore dei rapporti, era altamente prevedibile. Entrambe le cose sono ampiamente avvenute. La disaffezione, come insieme al presidente, un’importante figura femminile del governo della Cooperazione trentina riconosce, non c’è solo da quest’anno ma è sempre più diffusa. Il problema principale è la partecipazione democratica che alimenta la fiducia, che a sua volta è il combustibile del funzionamento non fallimentare degli scambi e dei mercati in economia. Nell’economia cooperativa, oltre a questi aspetti che oggi vediamo decisivi, c’è qualcosa di più. La relazione con la base sociale è la vena giugulare dell’impresa cooperativa e vi è uno stretto rapporto tra appartenenza, solidarietà, interessi ed efficienza organizzativa. Sganciate da questo circuito le imprese cooperative e l’intero sistema si troverebbero a essere delle barchette di carta in un mare solcato da portaerei e corazzate, proprie dell’economia dei flussi. Ma non è quello il loro mare: il loro mare è quello delle economie di comunità, dove possono essere parte integrante di sistemi locali capaci di esprimere la loro distinzione e i loro vantaggi competitivi inimitabili. Del resto è per far fronte in modo originale a fallimenti dell’economie liberiste che nasce la stessa cooperazione. Importante è la considerazione del presidente che vede nella forma cooperativa d’impresa una via per affrontare la crisi e possibilmente uscirne. Tale possibilità esiste ma richiede che si faccia sul serio sulla fiducia e la fiducia è figlia della partecipazione democratica. È necessario però non scambiare la partecipazione con il marketing sociale e la distribuzione di feste e cene; serve non ridurre la partecipazione alla sola consultazione per poi procedere come se niente fosse; è fondamentale creare effettive situazioni di confronto e di decisione condivisa, facendo sì che chi si esprime senta considerato e incisivo il valore della propria voce. La lealtà è una possibilità non garantita, ed è costantemente minacciata dalla protesta e dall’indifferenza. Queste ultime non calano dal cielo ma dalle scelte e dalle azioni di noi esseri umani. Come la lealtà, del resto.