Contro l'indifferenza
Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

La nostra patria, il nostro luogo, sono la contemporaneità. Forse oltre, la patria e il luogo geografico in cui viviamo. C’è però un problema: la nostra indifferenza alla contemporaneità. Ci mostriamo ad ogni osservazione e con ogni evidenza refrattari al suo calore, alla sua temperatura, come pietre di camino. Ci rifugiamo nei nostri confini, spesso facendone muri e barriere. Ci chiudiamo soprattutto nei nostri confini interiori e l’individualismo e l’indifferenza agli altri e al tempo in cui viviamo prendono il sopravvento. Ne risentono in primo luogo le forme di solidarietà che hanno creato le maglie e i legami di base della nostra società locale. Ne risente la nostra disposizione alla responsabilità attiva per creare un luogo vivibile per noi e i nostri figli. Tanto più che spesso le forme tradizionali sono usate come un logo o un brand, svuotandole ulteriormente di senso. Ma che cos’è l’indifferenza? Se siamo naturalmente relazionali, come possiamo essere indifferenti? Questa è, in fondo, la domanda da porsi. A lungo abbiamo vissuto non accorgendoci né delle risorse naturali né dell’altro o semplicemente abbiamo negato il loro valore. Potevamo tenere distante il problema. Tutt’ora lo facciamo. Ma si tratta di un’altra modalità. L’altro è ineluttabilmente qui, con noi; l’altro è noi, eppure spesso elaboriamo la sua presenza con l’indifferenza. Le risorse naturali, e in particolare l’aria, l’acqua e il suolo, sono limitate e in crisi, ma ci volgiamo spesso dall’altra parte, evitando il probelma. Facciamo come se non ci fosse. Il legame sociale e quello con la natura, quella rete di relazioni di cui ognuno di noi è fatto, mostrano evidenti segni di crisi e ridefinizione. Daniele Del Giudice, con la sua arte narrativa, scrive, nel libro In questa luce: “ ‘io’ non è altro che il punto mutevole, risultato di una relazione con tutti gli altri, sul quale di volta in volta metto il dito”, descrivendo quella fenomenologia dell’esperienza che Vittorio Gallese, da neuroscienziato, ha chiamato “molteplicità condivisa”. Proprio in quella contingenza del legame sociale nella quale ci individuiamo, si sperimenta oggi una crisi e una trasformazione che non è facile definire né dire dove porterà. L’indifferenza può essere intesa come l’effetto emergente di una sospensione eccessiva della risonanza consapevole con gli altri e il mondo, e tra le altre vie, tende ad affermarsi come una sospensione della capacità di cogliere e contenere l’impermanenza e la generatività delle relazioni. L’indifferenza sembra una sospensione della disponibilità e capacità di conoscere, riconsocere e creare. È proprio con l’immaginazione e la fantasia che sembra impattare principalmente l’indifferenza, vincolandone il concepimento, l’espressione e la manifestazione. L’indifferenza sembra colpire principalmente le aspirazioni all’altro e al mondo, i legami che possiamo immaginare e che ci consentono di elevarci da dove ce ne stiamo appiattati. Proprio negli spazi che in quelle dinamiche critiche si aprono, può emergere la creatività e ognuno di noi può sperimentare così la possibilità di riconoscere la differenza, almeno una differenza, e di trasgredire la consuetudine e la forza dell’abitudine, componendo e ricomponendo ancora una volta, in modi in parte originali, il rapporto tra la propria responsabilità civile, gli altri e il luogo in cui si trova. Vivendo finalmente al presente. Solo facendo della contemporaneità la nostra patria, possiamo riconoscere nel presente il valore di noi stessi, degli altri e dei nostri luoghi.