Bellezza e politica, di Alfonso Maurizio Iacono

Hic et Nunc

Che rapporto c’è tra bellezza e politica? Nessuno. La politica oggi ritiene, con una certa supponenza, di avere ben altro di cui preoccuparsi e nel bagaglio, piuttosto leggero, dei politici la bellezza non è prevista. Del resto i politici sono abituati a viaggiare solo con il bagaglio a mano. Si muovono così più spediti tra un volo e un altro, tra una telefonata e l’altra per concordare appalti e prendere decisioni sul futuro immediato delle città e dei territori. La bellezza pesa. La bellezza ingombra. Roberto Bernabò, sul fondo di domenica scorsa evocando la Sala dei Cinquecento del Palazzo Vecchio a Firenze e la Piazza dei Miracoli a Pisa, ha scritto che alla bellezza non ci si deve abituare, che essa non va né tradita né dimenticata. Il fatto è che invece ci si abitua e si perde quella meraviglia che da sola permette di guardare con altri occhi ciò che è vissuto come ovvio, scontato, naturale, abituale. Sto parlando della Toscana, sto parlando della bellezza. Perché la Toscana è bellezza. Il prof. Ugo Morelli ha scritto non molto tempo fa un libro Mente e bellezza dove la conoscenza si intreccia con il progetto in un modo assai diverso da come fanno i politici con il bagaglio a mano. E vi ha insistito con un libro successivo, Mente e paesaggio, dove conoscenza e progetto si coniugano a loro volta con una teoria della vivibilità. Niente più pianificazione totalizzante, ma neanche quella che veniva chiamata ‘ingegneria a spizzico’ e che si è tradotta nella cementificazione selvaggia e nei disastri ambientali. Quella maledetta pratica politica quotidiana che, in nome di un assai malinteso progresso e di una caricatura della modernità, legittima e favorisce accordi avventurosi e pericolosi, fuori della regole o dentro regole sbagliate, permettendo costruzioni improprie, facendo sì che il paesaggio si deturpi, infischiandosene di ciò che è bene comune, esprime un presente, un qui e ora, a cui non importa del futuro e ancor meno della bellezza. Eppure in Toscana i confini tra beni comuni e bellezza dovrebbero confondersi virtuosamente, nel senso che il patrimonio culturale e ambientale, non c’è bisogno di scoprirlo, è la vera ricchezza del nostro territorio e la base imprescindibile del suo futuro. La Toscana non può e non deve permettersi ‘ingegnerie a spizzico’, soprattutto non può e non deve permettersi ‘politiche a spizzico’.

Per vedere la bellezza, sentirne l’emozione e provarne godimento, non ci vuole molto. Basta andare lenti quando non c’è bisogno di correre e magari soffermarsi a guardare quella semplicità che è l’incontrarsi del mare con il cielo nel pigro digradare dei colori dell’alba o del tramonto oppure la forza prospettica del fiume che scorrendo fa da specchio al mondo o ancora l’antica piazza che ha accolto da secoli il passaggio di donne, uomini e bambini e continua a farlo, dando un rassicurante senso di permanenza e di stabilità al mutare dei costumi e delle abitudini. Natura e storia insieme e in equilibrio. La base per guardare con altri occhi la bellezza. La base per ridare il senso della poesia alla politica. Già, la poesia. Siamo ormai talmente abituati a concepire e a subire la politica come qualcosa di brutto e di sporco, come un affare con regole o senza regole, che ci si vergogna solo a pensare che possa esservi un nesso tra poesia e politica, tra bellezza e politica, che si teme anzi che questo nesso sia un’ipocrisia, qualcosa che ci distoglie dai fatti reali nudi. Non è così. Guardare con altri occhi la bellezza è il realismo di una politica che pensa al presente vedendo lontano. E poi, se mettendo la bellezza, i politici rendono troppo pesante il loro bagaglio a mano, tolgano dalla valigia tante altre cose stupide e inutili che si portano dietro.

Alfonso M. Iacono
IL TIRRENO
6 luglio 2013