I cambiamenti climatici e noi

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Uno dei modi in cui la globalizzazione ci entra in casa è la crisi del clima e il conseguente cambiamento climatico. È un modo infido perché sembra lontano e pare che non ci riguardi. Si possono capire le ragioni di chi nega che ciò stia accadendo o di chi se ne disinteressa ritenendo urgenti altre cose più immediate e pratiche. Quelle ragioni però non si possono condividere. Anzi è importante che si lavori intensamente a far crescere la consapevolezza di quello che sta accadendo. Qualcuno può gioire, ad esempio, vedendo che la Cina riattiva la rotta commerciale marittima attraverso il polo nord, pensando al risparmio di tempo e di costi. Ma siamo sempre di fronte al vecchio andante, cinese pure quello: quando il dito indica la luna il cretino guarda il dito. Lo scioglimento dei ghiacci artici comporta una trasformazione economica, sociale e culturale la cui portata non siamo in grado di calcolare. Il fatto evidente è che il pianeta sta subendo uno dei più grandi cambiamenti climatici dall’estinzione dei dinosauri. L’elemento più rilevante e preoccupante per esseri umani, piante e animali è la velocità di questi cambiamenti. I climatologi dell’Università di Stanford, California, in un rapporto appena pubblicato, avvertono che probabilmente i cambiamenti climatici nel prossimo secolo saranno almeno dieci volte più veloci di quelli avvenuti 65 milioni di anni. Se il ritmo del cambiamento si conferma molte specie saranno costrette ad adattamenti comportamentali, evolutivi e geografici per sopravvivere, se non saranno prese opportune iniziative di risposta degli esseri umani. Sulla rivista Science, che pubblica i risultati della ricerca di Noah Diffenbaugh, professore di Scienze ambientali e del collega Chris Field, che è anche professore di biologia e Direttore del Dipartimento di Ecologia Globale presso la Carnegie Institution, si può verificare lo stato delle cose. I cambiamenti del passato mostrano che gli ecosistemi hanno risposto a due gradi di aumento della temperatura media globale in un arco di migliaia di anni. La velocità attuale restringe questo arco a qualche decennio, un ordine di grandezza troppo veloce e molte specie sono minacciate. Riguardo ai livelli di CO2 atmosferica, l’attuale è paragonabile a quello di 55 milioni di anni fa, quando l’Artico rimaneva senza ghiaccio estivo e le terre vicine erano sufficientemente calde da ospitare alligatori e palme. Esistono due differenze fondamentali fra gli ecosistemi futuri e quelli passati: la prima è la velocità elevata del cambiamento; l’altra è che oggi vi sono molteplici fattori di stress umani che mancavano 55 milioni di anni fa, quali l’urbanizzazione e l’inquinamento di aria e acque. Gli eventi meteorologici estremi, quali ondate di calore e precipitazioni abbondanti, diventeranno più intensi e più frequenti. Le proiezioni di spostamenti della flora e della fauna prevedono movimenti di un chilometro all’anno verso nord o verso zone più elevate sulle montagne. Ecco. Le montagne e la trasformazione climatica: un tema di urgenza economica, sociale e culturale su cui vorremmo che in Trentino e in Alto Adige ci fossero commissioni di studio e di messa a punto di azioni concrete per la rilevanza agricola e turistica, e non solo, del cambiamento del clima in corso. Magari mentre si spendono fiumi di danaro per pagare squadre di calcio come strategia per il turismo, non dimenticando, finalmente, che l’uomo è responsabile del destino del pianeta.