Negazione e conoscenza nella gestione del conflitto

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Ogni assassino in primo luogo dovrebbe aiutarmi a riflettere sull’assassino potenziale che è in me e in ogni uomo. Non mi pare rilevante né eticamente significativo invocare da un lato il ludibrio del corpo del nemico, né tantomeno, dall’altro, appellarsi alla cosiddetta pietas. Importante è invece domandarsi se riusciamo a elaborare in modo meno primitivo la tensione all’accanimento verso il nemico, non giustificandone in alcun modo le azioni, bensì non disumanizzandolo. Perché è evidentemente e oggettivamente umano. È, quindi, almeno in parte me stesso. O quantomeno un me stesso potenziale; un me stesso che io non sono ancora stato e che magari non sarò mai, ma che potenzialmente potrei essere. La domanda è se è possibile una civiltà del dialogo, in cui ognuno sia capace di deprimersi almeno un poco e di procedere a interrogarsi sul perché dell’accanimento che separa umano e disumano, laddove il disumano, ahinoi, è umano perché fatto da uomini. Cosa neghiamo, che è anche in noi, negando chi compie azioni che riteniamo di non poter contenere, se è stato o è un essere umano a compierle? Della vicenda triste di Priebke non ho nulla da dire di nuovo sulla condanna della storia, sulla condanna giuridica, sul silenzio necessario e sulla necessità indiscutibile della forma privata della sepoltura del suo cadavere. Tutto chiaro e indiscutibile. Mi importa l’emergere di accanimento ordalici e primitivi che esaltano quella tremenda umana miseria, ma anche i professionisti dell’esecrazione, o i contriti di mestiere, che tacciono sistematicamente su manifestazioni della distruttività umana che accadono sotto i nostri occhi. Non ci sono gerarchie nei genocidi e nella distruttività umana: quando la nostra aggressività non riesce a essere elaborata dal linguaggio e dalla cultura, diviene distruttività e l’euforia sfogatoria vince sulla riflessione. Quella riflessione, se vuole avere qualche attesa di efficacia, dovrebbe in primo luogo evitare di negare, e tendere a conoscere, soprattutto i nostri mondi interiori, e non assolversi prima del tempo scaricando su comodi capri espiatori di turno la necessaria assunzione di responsabilità diretta rispetto al presente
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