L'avvenire di un sogno

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

La formazione non è solo addestramento e istruzione ma è la ricerca comune di vie per mettere e rimettere in forma il mondo. Oggi più che mai a questo dovrebbero tendere le azioni formative, perché mai come oggi abbiamo bisogno di reinventare il presente e creare l’avvenire. Lo sanno bene i giovani che, nella maggior parte dei casi, in un mondo così com’è fatto non hanno presente né progettualità possibili. Un’iniziativa come quella che si svolge a Trento il 18 dicembre, “Il futuro del lavoro ha un cuore antico. Olivetti e noi”, organizzata da Formazione Lavoro, la società che opera da molti anni per la formazione direzionale, in Trentino e non solo, tende a mostrare come un sogno possa divenire realtà. L’attualità del “sogno” di Adriano Olivetti, infatti, può insegnare molto a noi e alla nostra contemporaneità, ponendo al centro un nuovo umanesimo, nel lavoro, nell’economia e nella società. La vita di Adriano Olivetti è raccontata da un libro di Roberto Scarpa con il titolo:”Il coraggio di un sogno italiano”. La vita di Adriano Olivetti è un racconto di avventura, di impresa, di progetti per la comunità, che nascono da un sogno, da un’utopia concreta. Sognare ad occhi aperti un nuovo presente, infatti, è non solo possibile ma necessario. L’attenzione che di solito riserviamo al sogno durante il sonno ci porta a trascurare un altro tipo di sogno quanto mai presente e necessario: il sogno ad occhi aperti. Noi esseri umani sogniamo in continuazione. Con l’immaginazione, con l’illusione, con l’utopia, con la finzione. Il poeta Fernando Pessoa ha scritto: “Il poeta è un fingitore./Finge così completamente/che arriva a fingere che è dolore/il dolore che davvero sente”. Il poeta non è solo colui che scrive versi. È colui che fa e facendo cerca quello che ancora non c’è. Per cercarlo lo deve sognare, in qualche modo. Poeti, perciò, siamo tutti noi. L’utopia non è il luogo che non c’è: è il luogo che ancora non c’è, ma se è in una certa misura concepibile potrebbe esserci. Se possiamo immaginarlo o giocare con esso (illudere viene da in ludere, latino e richiama il gioco del possibile che ognuno di noi fa con il mondo), se possiamo fingere che esista, allora quel luogo, quel mondo, quella soluzione, sono almeno perseguibili, li possiamo almeno cercare e, a certe condizioni, potremmo realizzarli, potrebbero manifestarsi, potrebbero esistere. Il sogno si situa in questa prospettiva e, se ci riflettiamo, buona parte delle creazioni umane in ogni campo sono l’esito di sogni. Quei sogni, concepiti all’inizio da qualcuno, per vie spesso difficili, si sono trasformati in realtà. Certo, non sempre. Vale però la pena concentrarsi sulle volte in cui ciò è avvenuto e approfondire come mai sia stato possibile. Il tempo in cui viviamo merita, e noi stessi meritiamo, di sognare un altro mondo, di ritenerlo possibile. Non fosse altro che per una ragione: questo mondo, qualora continuasse ad evolversi senza discontinuità, produrrebbe risultati abbastanza certi e con evidenza, nella maggior parte dei casi, non desiderabili. L’avvenire, nella vita, nel lavoro e in ogni campo, deriva proprio dal sognare un altro mondo e dal ritenerlo possibile.