Roberto Scarpa, lettera su Erba cedra e segreti amori

Hic et Nunc


Caro Ugo,
stamattina di buon'ora mi sono potuto finalmente permettere di tornare a leggere il tuo "Erba cedra e segreti amori". Siccome godevo di qualche ora completamente libera, come raramente capita, sono riuscito proprio ad immergermi in Giovannina, Basilio, Salvatore, in Padrone di tutto, in Filomena la zingara, in Carminuccio, in Pia, nel geometra Aufiero, in Masto Olindo, in Pingulicchio, nello scarpaio... insomma nel popolo che hai risuscitato dalla tua memoria e dal ricordo del "terremoto dentro".
Parlare di una gioiosissima umana fatica, come è questa che hai fatto, lo sentirei davvero un atto di impudicizia insopportabile. Anche perché sono ancora nel momento dell'ascolto delle tante voci che hai suscitato.
Ti dirò dunque soltanto che mi è piaciuto molto assai. Che mi ha stupito varie volte. Che mi pare per te una fine che però sarà anche un nuovo inizio. Che adesso anch'io "mi porto con me i miei segreti amori e il profumo perduto dell'erba cedra".
Al termine della lettura mi è venuto da pensare a Marquez. Non certo per proporti paragoni assurdi, ma perché mi pare che questa solitudine di terra e di popolo, duri ancor più di cent'anni e che non abbia, purtroppo, redenzione possibile.
L'unica resurrezione è proprio forse quella della memoria amorosa ma mai ipocrita, affettuosa ma mai complice che sei riuscito a regalare a queste storie, a questa incredibile e indimenticabile collana di storie.
Ti abbraccio e ti ringrazio
Roberto

Erba cedra e segreti amori