Ci vuole orecchio

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Proprio in tempo di crisi non bisognerebbe rinunciare al sogno di una rinascita culturale e spirituale senza la quale l’impegno personale, a livello sociale ed economico, non avrebbe alcun senso. Eppure la concentrazione, e se ne capiscono appieno le ragioni pur se non sono condivisibili, è solo sui fatti economici, da un lato, e dall’altro su una recrudescenza della paura che si traduce spesso in posizioni di chiusura e di esclusione. Così facendo si dimenticano due cose molto importanti. La prima è la connessione tra cultura, conoscenza ed economia. Una connessione che solo chi si ostina a perpetuare approcci esclusivamente ragioneristici vede in proporzione uno a uno e in termini di breve periodo o, peggio, di qui ed ora. Ogni sviluppo economico che si rispetti si prepara, e ancor più oggi si predispone, con la generazione dell’humus culturale necessario a farlo nascere e affermare. Insomma per cogliere le opportunità in un mondo completamente trasformato, per dirla col grande Enzo Jannacci, “ci vuole orecchio”, e non ne basta poco, ce ne vuole “anzi parecchio”. Quell’”orecchio” si genera in ambienti culturali favorevoli, dove la ricchezza degli stimoli moltiplica intuizioni e ipotesi applicative inedite. La seconda cosa che si dimentica è che la chiusura e l’esclusione, l’intolleranza insomma, in un tempo come questo, per quanto si proponga come tiepidamente rassicurante, assume inevitabili connotazioni suicidarie per ogni sistema locale o allargato che sia. Non può esservi futuro se ogni volta che accade qualcosa che turba la sonnolenza provinciale si eccitano le reazioni xenofobe. Una cosa, decisamente importante, è la civiltà delle regole e il rigore nel loro rispetto. Solo dal rapporto tra regole e libertà nasce una convivenza civile. Altra cosa è l’ossessione della sicurezza che oggi può ridurci ad essere “sicuri da morire”, in quanto la nostra società è già plurale e le differenze che generano differenze sono già il principio fondante del nostro vivere civile. Insistere, spesso per ragioni di consenso politico, ad eccitare sentimenti intolleranti può portare ad esiti indesiderabili e paradossali. Da tempo abbiamo, purtroppo, constatato che la storia non riesce a essere maestra di vita. Ma certe dinamiche collettive non dovremmo dimenticarle. Scrive Amos Oz, in quel capolavoro che è Una storia di amore e di tenebra: “Oggigiorno l’Europa è completamente diversa, oggi è piena di europei da un muro all’altro. Fra parentesi, anche le scritte, sui muri, sono cambiate completamente: quando mio papà era ragazzo a Vilna, stava scritto su ogni muro d’Europa: ‘Giudei, andatevene a casa in Palestina’. Passarono cinquant’anni e mio padre tornò per un viaggio in Europa, dove i muri gli urlavano addosso: ‘Ebrei, uscite dalla Palestina’ ”. I muri respingenti e le esclamazioni escludenti possono apparire risolutive e appaganti, e in questo sta il loro pericolo, perché impediscono di pensare, emarginando, alla fine, chi li propone. Il presente esige pensiero e ascolto, che è l’utero del pensiero. Ancora una volta “ci vuole orecchio”.