Mancanza e progetto

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Ora, bisogna pur pensare che sia la paura a far regredire quel tanto di coraggio che pure in Trentino c’era stato riguardo a un senso e a pratiche di futuro. Se le istituzioni culturali rischiano di essere schiacciate sul cosiddetto territorio con scelte cortomiranti, questo significa che, almeno in una certa misura, abbiamo paura del dialogo e del confronto, dell’apertura e dell’arricchimento che ne può derivare. Preferiamo rivolgerci a noi stessi e sentire il tiepido e calamitoso odore della consuetudine. Quello che in prima istanza appare un antidoto alla paura, per rivelarsi poi una prigione. Come dice la premio Nobel Aung San Suu Kyi: "L'unica vera prigione è la paura e l'unica vera libertà è la libertà dalla paura." Se il paesaggio, tema posto qui da noi, negli anni recenti, al centro di scelte di governo davvero anticipatrici, passa in secondo piano e rischia di tornare ad essere una questione di metri quadrati da utilizzare o risparmiare, vuol dire che non ne vediamo più le effettive potenzialità. Abbiamo forse paura di convertire posizioni fossilizzate. Laddove dovremmo finalmente accorgerci che la perdita del limite equivale alla perdita del valore, continuiamo a scindere il limite dal valore. Eppure non è difficile capire che non si può giocare a bigliardo senza le sponde perché le palle cadrebbero sempre per terra; né si può farlo continuando a bucare il panno con colpi incondizionati, spericolati e violenti, pena perdere la superficie di gioco. Il paesaggio è aria, acqua, suolo, boschi, foreste, ambiente, economia: lo spazio della nostra vita e delle nostre possibilità, insomma, e come tale andrebbe trattato. Se il turismo domandato da chi preferisce il Trentino e non solo, è sempre più benessere, ambiente di qualità, salute, qualità dell’alimentazione e della vita, allora non avere paura di cambiare dovrebbe significare rimboccarsi le maniche per valorizzare queste opportunità. Non cincischiare tra mezze cose, una gestione delle aziende di promozione che fa piangere, e una carenza di strategie. Se l’agricoltura di montagna è un vantaggio competitivo decisivo insieme all’enogastronomia, allora bisognerebbe davvero prendere le distanze da un “modello” industrial-padano. A leggere il Corriere del Trentino degli ultimi giorni, dall’intervista al Presidente Sat, all’articolo di Roberto Bortolotti su territorio e paesaggi urbani, alle riflessioni di Simone Casalini sulle dinamiche politiche, viene da chiedersi perché non ascoltiamo ciò che ci manca. Eppure la mancanza, se ascoltata parla e può essere generativa. Bisogna abitarla e non negarla però, come ci ricorda il grande poeta Eugenio Montale: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,/ sì qualche storta sillaba e secca come un ramo./ Codesto solo oggi possiamo dirti,/ ciò che non siamo./ ciò che non vogliamo.