Piccolo promemoria pre-elettorale

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Esistono spesso, e ce le procuriamo da soli, “false necessità” nelle nostre vite. Il concetto di “falsa necessità” è di uno dei più grandi filosofi della politica, Roberto Mangabeira Unger, che insegna ad Harvard ed è stato anche ministro del Brasile. Lo abbiamo ospitato in un nostro convegno in Italia qualche anno fa. Che cosa è, dunque, una falsa necessità? È il contrario di un atteggiamento costruttivo. È la posizione che sacrifica, in nome di una concentrazione sulle contingenze e sulle apparenti urgenze del presente, le capacità che abbiamo di pensarci e pensare un disegno più ampio per le nostre vite. Una democrazia “potenziata” come la chiama Unger, è quella che non si piega alla tirannia delle emergenze presenti e valorizza un senso e un disegno vitale di creazione umana delle nostre condizioni di vita attuali e future. Insomma un invito a pensare, a pensarsi e a pensare in grande, particolarmente importante in tempi di povertà spirituale. E che ci dice, a noi che ci accingiamo alla prossima tornata elettorale, il tema delle false necessità? Che dovremmo fare un salto oltre i campanilismi e le strettoie della celebrazione a oltranza della tradizione. Che dovremmo inquadrare i problemi locali, anche quelli apparentemente molto ristretti, in una chiave più ampia. Ossessionati da identità e radici, temiamo e ignoriamo la varietà di società e culture del pianeta Terra, eppure sono gli abitanti della nostra casa. Si pensi, anche solo per un attimo, a quello che il turismo è stato ed è per il Trentino e l’Alto Adige: anche quello è un aspetto dell’ospitalità e dell’incontro con la varietà culturale. La politica, oggi, se ha un ruolo, ce l’ha nel fare del pensiero una potenza nomade e non incagliata nei localismi. Presi dal dibattito su come si debba giungere ad una tutela dell’ambiente, se con l’autonomia provinciale o con il governo nazionale, rischiamo di dimenticare che solo un coordinamento, ad esempio, tra il Codice dei beni culturali nazionale e le scelte locali può favorire una valorizzazione dei patrimoni. A proposito del paesaggio, rischiamo di assecondare scelte molecolari locali e di perdere di vista il valore economico, sociale e culturale di una delle risorse principali delle nostre realtà e il valore quadro della Convenzione europea del paesaggio. Da un certo momento in poi, è come se si fosse affermata una cultura del particolare, dell’immediato, del contingente, dell’eterno presente, e noi avessimo perso di vista che il mondo e la nostra stessa esistenza sono fatti del divenire, non dell’essere fissi e definitivi. Questo nostro presenzialismo ad oltranza ci impedisce di vedere e pensare e ci porta a sentirci “dèi” di noi stessi. L’antropologo Francesco Remotti ha detto recentemente: “Vogliamo essere eterni. È la cosa più ridicola che ci potesse accadere”.