Riconoscersi

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Se c’è qualcosa di irrinunciabile per ognuno di noi, questa non è l’identità, ma il riconoscimento. Ci capiamo attraverso lo sguardo e la considerazione degli altri. Più elevata è la differenza, più ci inquieta e ci sollecita, a volte fino alla paura; più, però, ne ricaviamo la possibilità di scoprire e capire noi stessi, chi siamo e come siamo fatti. E capire se stessi è il primo impegno e la prima condizione per disporsi a cercare di capire gli altri. Un circuito virtuoso insomma, se funziona nella direzione di estendere e migliorare noi stessi e gli altri. Eppure mettiamo un impegno tenace nel creare barriere, steccati, muri difensivi che si traducono in incomprensione con gli altri. A Trento, dal 10 al 17 maggio c’è la undicesima giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia, organizzata da Arcigay. Il titolo è molto centrato: “Noi non possiamo entrare”. Vengono in mente espressioni come: “vietato l’ingresso ai cani e ai meridionali” nell’Italia della grande immigrazione interna verso il nord, o la pratica sistematica dell’esclusione odierna verso le differenze portate da persone di altre culture. Eppure il mondo è fatto dei “particolari”, da cui soltanto deriva la sua ricchezza. Sono le relazioni a farci umani, ricchi di differenze e non specializzati in una forma sola e sterile. Ebbene, il programma di Arcigay pone al centro i diritti negati. Come è accaduto nell’evoluzione della ricerca di una grande studiosa come Judith Butler, dalle analisi sulle questioni di genere e sulla minorizzazione ed esclusione sociale della donne, vi è stata un’estensione alle problematiche dell’esclusione, delle stereotipie e dei diritti negati. L’esclusione delle differenze assume molte facce: dall’incarcerazione degli omosessuali in non pochi paesi del mondo, fino ai diritti negati nel nostro paese, dove gay, lesbiche e trans sono ancora considerati cittadini di “serie B”, fino alla Provincia di Trento che non è riuscita ad approvare una legge contro l’omofobia. Il riconoscimento di una piena cittadinanza alle differenze di ogni genere è un programma di civiltà necessario e urgente. Che si tratti di istituzioni pubbliche o private, dovrebbe essere l’universalità umana il riferimento e la guida delle scelte. Le scelte per essere tali devono essere possibili e non necessarie; devono essere revocabili, mutevoli, plurali. I linguaggi minacciosi che si fossilizzano sulle identità di ogni tipo non tengono conto che l’identità è solo la forma estrema, e neppure la più efficace, per difendersi dall’inquietudine delle differenze. Mentre ognuno di noi ha bisogno di continuità e di un posizionamento certo nel mondo, è bene sapere, come di fatto sappiamo, se non ci facciamo vincere dalla paura, che quella certezza non è mai raggiungibile definitivamente. Identità e alterità sono dinamiche. Irrinunciabile per la vita personale e sociale è invece il riconoscimento. Ognuno di noi vuole essere riconosciuto nella sua esistenza, nel suo essere, nel suo esprimersi. Quello che siamo lo diventiamo nella reciprocità delle nostre relazioni riconoscenti in divenire.