La grande accelerazione

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Messaggistica istantanea. Banda larga superveloce. Trading ad alta frequenza. Il mondo sta, innegabilmente, accelerando. La grande accelerazione del cambiamento è evidente in tutte le sfere della vita moderna. Se sia giusta o sbagliata e dove porti sono questioni indecidibili a priori. Decisivo sarebbe prendere parte al processo, magari in modo originale e specifico, non subendolo. In un libro appena pubblicato, in questo inizio di 2016, The Great Acceleration: How the World is Getting Faster, Faster, (La grande accelerazione: come il mondo è sempre più veloce, più veloce), Robert Colvile esamina come e perché questo sta accadendo, perché è improbabile che saremo in grado di rallentare - e i motivi per cui tutto questo può essere negativo. Si tratta di un libro arricchito da pareri importanti di questo nuovo mondo: da Jeff Bezos, di Amazon a Mark Zuckerberg di Facebook; “Spostarsi velocemente e rompere gli ordini precedenti” è uno dei suoi slogan. Confrontando lo sviluppo delle città e dei villaggi, le economie avanzate e i paesi sottosviluppati, Colvile esplora le opportunità che la comunicazione più veloce e il suo funzionamento potrebbero portare, e come dobbiamo adattarci per far fronte al costante bisogno di interrompere le nostre abitudini e generare discontinuità in noi stessi per sopravvivere. Leggendo il libro e comparandolo con le dinamiche in atto nella nostra realtà locale viene un senso di brivido. Non perché bisognerebbe a tutti i costi mettersi a correre, peraltro senza sapere verso dove. Ma per le resistenze mentali, tenaci e perlopiù autoconvinte, con cui si affronta il presente dalle nostre parti. Chi governa i sistemi locali, o sembra guardare indietro e nel particolare localistico, o prende vie a dir poco spericolate, fatte di imitazione e improvvisazione. Fa difetto in modo evidente quella che Giacomo Becattini, eminente studioso dei sistemi locali, chiama: la coscienza dei luoghi. Se si pensa ai fattori che potrebbero essere fonte di vantaggi competitivi distintivi in una prospettiva di sviluppo appropriato, dal turismo, all’agricoltura di montagna, al credito, alla cultura, la situazione richiederebbe una visione aperta e innovativa. E invece non si vede una strategia alternativa alle forme turistiche che hanno garantito successi in un passato che non c’è più, eppure le condizioni ci sarebbero tutte. Il modello industrial-padano di agricoltura tende a dominare, nonostante i suoi problemi evidenti. Il credito cooperativo, una volta un fiore all’occhiello, ha inseguito prospettive improprie e ne paga le conseguenze. Nella cultura e nella ricerca non si valorizza quello che si investe e i laureati e gli altamente qualificati se ne vanno. Qualcuno batta un colpo, né per correre, né per stare fermi, ma per trovare il passo giusto.