Gli indifferenti che noi siamo

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Se Amazon arriva a vendere, per carnevale, i costumi da profugo, non possiamo davvero più stupirci di niente. Il degrado delle relazioni e del senso dell’essere e del legame sociale con gli altri ha superato ogni soglia di riconoscimento possibile. Non vediamo di non vedere; non sentiamo di non sentire. Non ci sono ambiti in cui l’indifferenza non alberghi sovrana e siamo in attesa di uno scatto di umanità che ci consenta di sentirci e di sentire la situazione in cui siamo e la vita che stiamo vivendo. Sappiamo che soltanto una nuova coscienza della nostra condizione può salvarci, ma stentiamo a comprenderci e a comprendere lo stato effettivo delle cose. E intanto continuiamo a dividerci e a moltiplicare le nostre affollate solitudini. Mauro Gilmozzi, commentando l’esito del congresso dell’Upt e l’uscita di Lorenzo Dellai ha detto al Corriere del Trentino: “E’ una giornata tristissima”. Ecco, ci pare, oltre i confini dell’evento in sé, un commento che coglie lo spirito del tempo. La cosa che più colpisce è il rapporto tra la lucidità dell’analisi di Dellai e la sua scelta di non impegnarsi a portarla avanti dentro il partito che egli stesso ha creato. Un clima shakespeariano caratterizza la vicenda. E’ il lato umano della questione che qui interessa. Leader indiscusso, seguito anche in avventure discutibili, come quelle dell’adesione in stampelle – un segno? - alla presentazione di Mario Monti a Trento, non capiamo se non ha inteso condividere un progetto, o se non è riuscito a vedere un altro a capeggiarlo. Una storia abbastanza costante per noi umani. Se il principale merito di un leader consiste nella capacità di allevare un successore, Dellai si è distinto non solo per non riuscire ad allevarne, sbagliando alcune volte, ma soprattutto per aver tolto il terreno da sotto i piedi a chi sarebbe stato non solo in grado, ma anche adatto a sostituirlo. Gli effetti per il nostro presente sono davvero forieri di una fragilità impegnativa che Simone Casalini evidenzia impeccabilmente. L’aspetto più grave è che, in questa battaglia tra poveri, come mostra anche la condizione degli altri partiti, noi rischiamo di veder divorato ogni progetto di modernità per il Trentino. Una battaglia politica di molto basso profilo rischia di non accorgersi del rinculo verso chiusure e localismi, verso populismi e opportunismi, come se da una necessità di generare una nuova soggettività dell’autonomia, si passasse invece a una sacralità del molecolare, del particolare, senza disegno e senza prospettive. Questo può accadere, e accade, quando una leadership forte instaura a lungo una forma di esercizio del potere che Bion definisce cattiva, perché basata sul monopolio, sull’esclusione e sulla presunta non sostituibilità.