Clima e radici nel futuro

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc


“Affondava le radici nel futuro” scrive il poeta Pierluigi Cappello nel suo nuovo libro Stato di quiete. Con l’arrivo della stagione fredda e la preoccupazione incipiente per la carenza di innevamento naturale, sarebbe il caso di chiedersi che rapporto esiste fra passato e futuro e, soprattutto, perché si risponde con la forza dell’abitudine a un cambiamento radicale in corso. Si ha l’impressione che l’indifferenza e la non disponibilità ad aprire gli occhi e cambiare, accomuni il livello locale e quello internazionale. La conferenza Onu sul clima di Marrakech (Marocco), la Cop22, infatti, si è conclusa il 18 novembre con la decisione, presa dai 196 stati partecipanti, di definire entro dicembre 2018 il regolamento per l’attuazione dell’Accordo di Parigi del dicembre 2015. Il regolamento dovrà stabilire, in particolare, in quale modo i paesi monitoreranno il loro impegno per la riduzione dei gas serra nell’ambiente, responsabili del riscaldamento climatico e quindi di gravi danni agli ecosistemi di tutto il pianeta. Le incidenze principali riguardano molto da vicino il Trentino, l’Alto Adige/Sud Tirol e l’Italia. Si pensi solo al turismo sia invernale che estivo. Sia la crisi dell’innevamento che le estati col clima alterato stanno inducendo trasformazioni sempre più necessarie sia nel management che nei necessari e richiesti provvedimenti statali ed europei. Nel tentativo di comprendere se l’incontro di Marrakech ha prodotto solo delusione o qualche progresso si può constatare che le due settimane di discussioni sul riscaldamento climatico hanno rinforzato il sostegno unanime all’Accordo di Parigi. Ma con risultati piuttosto ridotti. Altra delusione: il sostegno all’agricoltura. La possibilità di tutelare e sviluppare l’agricoltura di montagna è strettamente collegata all’andamento climatico e all’equilibrio delle stagioni. Se ne è parlato ma le pressioni delle corporation hanno portato ad uno stallo e le discussioni sono state rimandate al prossimo anno. Non proprio un buon segnale. E non mancano i dubbi. La Cop22 è anche un’opportunità mancata per gli stati di mostrare che sono pronti a fare di più, ad andare più lontano, in maniera più ambiziosa e concreta per un’azione climatica effettiva, e che sono pronti anche a una solidarietà operativa verso i paesi più vulnerabili. Si ha l’evidenza che si avanzi in qualche modo, ma troppo lentamente. Considerata la portata dei problemi, ci si aspetterebbe dai paesi e dal ruolo dell’Europa, che fossero più ambiziosi e molto più concreti nelle loro azioni per difendere la giustizia climatica e per mantenere il riscaldamento climatico sotto la soglia di 1,5°. La stessa cosa che ci aspettiamo dalle scelte locali, sia di governo che imprenditoriali: il riconoscimento che le radici sono nel futuro, per il bene di tutti noi, abitanti della casa comune.