Tornare a casa la sera

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


immagineLa telefonata comincia con una risposta infastidita, a prescindere: il messaggio sotto traccia è se non avevi altro da fare che chiamare questo numero. Eppure il numero è quello della Polizia Locale. È da poco passata la mezzanotte ed è sabato sera. Siamo nel centro storico di Trento. Due delle tre vie per accedere a casa sono talmente piene di persone che bevono e pisciano sui muri, che non c’è lo spazio per passare. Ne scelgo una terza ma anche da quel lato le cose non vanno meglio. Su un tetto basso di fronte al cancello di casa sono saliti alcuni che urlano e cantano pisciando dall’alto in strada e quelli di sotto fanno il tifo per chi la fa più lontano. Ogni tanto tirano in strada le bottiglie vuote. Alla casa si accede aprendo un cancello che porta in un atrio a piano terra, da dove si sale o con le scale o con l’ascensore verso gli appartamenti. Mentre mi avvicino mi accorgo che l’assembramento che c’è in strada prosegue nell’atrio perché il cancello è stato forzato e divelto. Negli angoli del piano terra ci sono persone che bevono, pisciano e si dedicano ad altre attività. Devo passare e chiedo di farmi spazio. Vengo ingiuriato per il disturbo e quando arrivo alle scale mi accorgo che sono usate come sedili e per passare devo attendere tra risate di scherno e parolacce. Il tutto, come scoprirò entrando in casa, si estende negli appartamenti del piano sottostante dove cantano a squarciagola e urlano in modo assordante. Penso, con una certa titubanza e un senso di vergogna, di rivolgermi alla Polizia Locale, telefonando. Vivo la stessa titubanza che mi attraversa ora scrivendo. Si sa che a trattare di questi temi si finisce in un momento dalle parti di chi vuole militarizzare la città controllando ogni cosa. Non è quello il principio che mi muove ma non è facile distinguersi. Vorrei contribuire a riflettere su che cosa sta succedendo e su quali sono le ragioni che hanno prodotto una simile degenerazione, cercando per via pubblica di prevenire ulteriori degenerazioni. Vorrei che un elementare principio di civiltà venisse tutelato per tutti e mi piacerebbe soprattutto poterne parlare con la folla che ho dovuto attraversare. Ma mi rendo conto che non riuscirei a ottenere nulla, oltre a rischiare un’inopportuna escalation. Allora mi decido a telefonare. La risposta è difficile da accettare perché mi viene detto che se ho un problema di qualità della vita urbana devo rivolermi al sindaco; se un danno fisico da denunciare devo rivolgermi alle autorità competenti. Non mi arrendo e chiedo di parlare con qualcun altro, perché vorrei che una pattuglia venisse a verificare, intervenendo. Ascolto costernato la voce che mi dice che non sono io a decidere cosa fa la Polizia Locale. Insisto, argomentando sulle loro responsabilità e alla fine, con un certo fastidio, mi viene detto che forse arriverà qualcuno. Siamo a Trento in una sera di novembre del 2017