Locali e globali

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


La globalizzazione significa prima di ogni altra cosa la fine dello spazio. Affermarlo fa impressione. Eppure quell’impressione è solo uno degli ostacoli a cercare di comprendere il presente. Se ci riesce di fare uno sforzo come quello richiesto da Wittgenstein riguardo al comprendere (colui che comprende cambia con la comprensione e si trova nella condizione di “gettar via la scala dopo che vi è salito”), allora possiamo essere un po’ più adatti al nostro presente. Analizzando i dialoghi che ci sono appena stati in tre giorni di lavoro nel campus di Bressanone dell’Università di Bolzano sul tema Educazione, Terra, Natura, dedicato quest’anno a “Io corpo, io racconto, io emozione”, se ne ricava sia una grande esigenza di creazione di una nuova cultura nel rapporto tra noi e la nostra casa comune, la Terra su cui viviamo, sia le difficoltà a farlo. Cominciamo da queste ultime. Ogni progetto e ogni azione di educazione e comunicazione assume inevitabilmente le caratteristiche di un tentativo locale di fare qualcosa. La concentrazione riguarda soprattutto il proprio orticello, per modo di dire, e per certi aspetti ciò è abbastanza inevitabile. Cogliere la sensibilità vuol dire partire da vicino e dalla cosiddetta concretezza. Come a dire che io vivo qui e di questo posto mi occupo. Facciamo lo stesso noi per quanto riguarda le nostre scelte e i nostri comportamenti, mostrando che i problemi che abbiamo davanti sembrano e in parte sono più grandi di noi. Che sia finito lo spazio, però, che significa? Vuol dire che qualunque cosa si presenti a noi come vicina, locale, che ci riguarda direttamente, è già globale e dipende da fenomeni che locali soltanto, non sono. Vuol dire che qualunque cosa accade nel mondo ci riguarda ed accade di fatto in casa nostra, che noi lo vogliamo o no. È proprio su questo snodo che sembriamo perdere il treno del necessario cambiamento di punti di vista. Così come la cartografia ha trasformato a suo tempo la visione delle relazioni umane, allo stesso modo e più intensamente Internet ha già trasformato la visione delle relazioni, dei comportamenti e in buona misura di noi stessi. Allora quando sentiamo che il 2017 è stato l’anno con meno precipitazioni da due secoli, come abbiamo appreso in questi giorni, non dovremmo dirci che comunque un poco di neve è già venuta e che stamattina dal mio rubinetto l’acqua usciva lo stesso. Né dovremmo limitarci alle buone maniere nel limitare il consumo personale di acqua: cosa certo lodevole e necessaria. Dovremmo chiederci cosa possiamo fare con gli altri per far andare le cose in modo diverso. Da soli e di solo “locale” si muore.