Cambiare codice tra uomini e donne

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


immagineCertamente non è mancato il coraggio a Donatella Conzatti, Coordinatrice del Forum Provinciale Parità, per organizzare in piena ubriacatura da consumismo natalizio un incontro sulla violenza contro le donne e la necessità di un cambiamento maschile. In un tempo in cui la violenza distruttiva uccide, ferisce o viola le donne con eventi quotidiani, e le donne si attaccano tra loro, - com’è accaduto con l’indecente aggressione verbale da parte di una deputata di Forza Italia contro Debora Serracchiani, ritenuta non in grado di capire le necessità delle famiglie perché non ha figli, - occuparsi della “voce di lui” e lanciare una sfida al cambiamento maschile è un gesto degno di grande attenzione. Se è vero che la violenza sulle donne è un problema che parte dagli uomini e che solo gli uomini possono risolvere, è necessario allo stesso tempo considerare che una maggiore consapevolezza del maschile non può bastare a cambiare. È una condizione necessaria ma forse non sufficiente. Non solo perché la consapevolezza, purtroppo, non basta per il cambiamento: di molte cose possiamo essere abbastanza o anche molto consapevoli, ma non per questo automaticamente ci disponiamo a cambiare comportamenti. La ragione principale riguarda, però, il mondo affettivo e l’educazione alle emozioni o educazione sentimentale. Noi continuiamo a vivere in base alla convinzione diffusa e profonda che bastino le regole e le norme per cambiare, in ambiti in cui vi sono comportamenti consolidati ereditati da un passato di lunga durata che non abbiamo vissuto direttamente, ma che è parte della nostra memoria epigenetica, quella che si forma mediante i vissuti nelle culture e nelle tecniche che abbiamo accumulato nel tempo. Allora la rieducazione dei maschi maltrattanti, secondo la convenzione di Istanbul, è certamente una via da percorrere per contrastare la violenza di genere. Così come lo sono tutte le norme repressive che riusciamo a darci. Mentre i centri della rete nazionale per autori di violenza continuano a lavorare, sembra urgente mettere mano all’humus nel quale la violenza si genera, nel diffuso alone che circonda le situazioni acute e distruttive. A quel livello il problema diventa il mondo interno e intersoggettivo e l’educazione necessaria ad utilizzare le parti maschili e femminili che sono in ognuno di noi. Proprio a quel livello siamo soprattutto noi maschi che dobbiamo cambiare una cultura e atteggiamenti che, dalla politica allo sport, dai luoghi di lavoro - fabbriche, uffici e università, - alle relazioni di ogni giorno, sono connotati da un dominante codice affettivo e comunicativo di stampo maschilista, adottato nella maggior parte dei casi anche dalle donne come condizione per la propria affermazione. Esiste la repressione necessaria quando serve; esiste la prevenzione, altrettanto importante. Ma l’educazione primaria, secondaria e terziaria è necessaria e urgente. E se mai si comincia…