Travolti dalla paura

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


Siamo travolti dalla paura. E la paura, che pure può aiutarci, oltre una certa soglia, acceca o induce a eccessive semplificazioni. La nostra mente è di solito in difficoltà quando incontra una realtà che resiste alla nostra comprensione. Scopriamo allora di essere fragili e incompiuti. Quella fragilità e quella incompiutezza possono indurci alla semplificazione, anche estrema. Ogni tanto, per fortuna, la semplificazione non si afferma: in quei casi possiamo accedere a una comprensione più ampia del presente e solo la conoscenza ci può aiutare a vincere la paura. In questo nostro tempo ad affermarsi, però, è principalmente la semplificazione. Ad esserne surclassati non sono solo quelli che usano la paura per terrorizzare gli altri ed eccitare gli animi verso chiusure di ogni tipo. Disorientati sono anche coloro che dovrebbero presidiare le regole istituzionali e tenere la barra dritta, proprio in condizioni di crisi. Questo accade perché esiste una inevitabile modulazione intenzionale tra gli esseri umani e i gruppi umani e se uno compie un’azione, l’altro non può non rispondere rispondendo non può prescindere dalla posizione dell’altro. Quando comanda la paura la semplificazione tende a vincere e tutto si organizza intorno alla ricerca di colpevoli e capri espiatori. L’unica forma di elaborazione diventa l’attacco agli altri, la colpevolizzazione di qualcuno. Oggi il tema della sicurezza tende a proporsi, come accade recentemente a Trento, come chiusura per affrontare la paura. Ora, la paura richiede rispetto, deve essere ascoltata e non negata. Siamo purtroppo di fronte a due atteggiamenti prevalenti e entrambi problematici nelle conseguenze: o si usa la paura con linguaggi troppo semplificati e per ottenere consenso facile eccitando gli animal spirits della gente; o si minimizza e si snobba il sentimento di disagio e difficoltà derivante dalla crisi di vivibilità della città. A farci difetto è un disegno della vita urbana, una strategia distintiva in grado di offrire un riconoscimento del senso e del significato della città e di generare progetti di vivibilità in ognuna delle sue aree. Un disegno che somigli a quanto espresso recentemente dall’impegno di un architetto come Alessandro Franceschini che, nel volume pubblicato insieme a Marika Giovannini del Corriere del Trentino, evidenzia alcune possibilità concrete di evoluzione della qualità della vita a Trento. Tra rigenerazione dell’architettura esistente, valorizzazione del verde, mobilità sostenibile e progettazione in grado di innalzare la percezione di sicurezza, dal lavoro di Franceschini emergono proposte da discutere. Che si discutano però, con un senso di futuro, mentre si attraversa un presente non facile per la qualità della vita urbana. Ci vuole per questo una capacità più che mai necessaria che John Keats nel 1917 chiamò capacità negativa: “Quella capacità che un uomo possiede se sa perseverare nelle incertezze, attraverso misteri e dubbi, senza lasciarsi andare a un’agitata ricerca di fatti e ragioni”.