Educazione e indifferenza

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


Il campo educativo è divenuto una zona franca. In quella zona chi dovrebbe condurre responsabilmente il gioco rinuncia alla propria autorità e alle proprie responsabilità e sono principalmente i genitori e gli insegnati. Chi dovrebbe essere aiutato da relazioni asimmetriche a crescere e ad apprendere vive un’autonomia senza limiti che sconfina sempre più nell’arbitrio, nell’assenza di compiti di crescita e, quindi nell’abbandono. Dei genitori è facile osservare, in un numero elevato di casi, la propensione giovanilista, adultescente avrebbe detto Luigi Pagliarani, e la disposizione a fare gli amici e i compagni di gioco. Gli insegnanti hanno paura e in crisi di autorità di ruolo; assumono perciò una posizione difensiva e ripararoria. Mentre cresce la preoccupazione per il calo demografico e la riduzione drastica delle classi scolastiche, come documenta il Corriere del Trentino di venerdì, stando anche alle lettere che arrivano al nostro stesso giornale, non pare solo questo il problema dell’educazione e della scuola, oggi. La crisi di autorità nelle relazioni educative è forse uno dei principali problemi. Un indicatore evidente è dato dai fatti di bullismo e dalle aggressioni ai docenti accaduti nelle scuole. Quando parliamo di autorità, a scanso di equivoci, non intendiamo affatto invocare autoritarismi educativi e forme violente nelle relazioni di crescita. Intendiamo bensì affermare che, siccome l’autorità è l’emissione di segnali attendibili che possano essere di guida e orientamento, senza dipendere da quei segnali nessuno di noi può crescere o affermarsi, né da bambino, né da adolescente e neppure da adulto. Se esercitata con lo stile appropriato l’autorità è un servizio necessario in ogni relazione e in quelle educative in particolare. Non avendo autorevolezza la scuola finisce per essere la continuità della crisi della genitorialità e spesso è in antagonismo con i genitori, fino alla violenza e alle aule di tribunale. L’antagonismo genitoriale verso la scuola è una chiave utile per capire. In quanto in questa degradante parabola sono gli adulti ad essere responsabili due volte: una volta quando non educano e non intervengono, e una seconda volta quando difendono l’indifendibile scambiando l’educazione per il protezionismo ad oltranza. Per queste vie i figli finiscono per non essere più i figli ma amici alla pari non meglio definibili e definiti; gli allievi diventano individui supponenti di nulla con una pretesa di autonomia che si muove di fatto fra alienazione e desideri illimitati. In tal modo una regola diventa una costrizione o addirittura un limite alla cosiddetta libera crescita; un compito diventa un fastidio e le relazioni vanno bene solo se, o non chiedono alcun impegno o sono di servizio ai capricci di chi cresce. Inutile dire che una robusta mano la forniscono i social media e gli smartphone, di cui ovviamente bambini, adolescenti e non, sono dotati sin dalla tenera età, favorendo la crescita di personalità tanto esibizioniste quanto vuote. Il diritto diventa diritto alla rabbia. La responsabilità una questione astratta che comunque è degli altri. Scrivendo di questo tema, uno cerca di falsificare un pensiero allarmato, ma una qualche falsificazione è davvero difficile da trovare.