Quello spazio della società civile

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


“Togliendomi i mari, la corsa e il volo/e dando al piede l’appoggio di una terra coatta,/cosa avete ottenuto? Calcolo brillante:/non potevate strapparmi le labbra che si muovono”. I versi di Osip Mandel’stam nei Quaderni di Voronez documentano il limite e la forza possibili di ogni forma di silenzio e di crisi. Quei limiti sono tanti e rischiano di ridurre alla perdita della parola, ma la parola vince nonostante i costi da pagare. Di fronte alla crisi di ogni visione e di ogni progetto possibile in vista delle elezioni di ottobre, viene da auspicare qualche espressione decisa e originale in grado di far apparire una prospettiva. Vorrei che questo pensiero non fosse collocato nel campo della trattativa politica, ma venisse e agisse prima, in quello spazio della società civile di cui ognuno si nutre e a cui contribuisce. Dobbiamo chiederci come possiamo dare voce alle labbra che si muovono, e non solo assecondare l’uno o l’altro, rischiando di perdersi e di non essere più nessuno. Anche a livello locale siamo presi da ragionamenti che vanno verso il sovranismo e un diffuso populismo: due concetti che non dicono quasi nulla ma allo stesso tempo sono, con la loro indefinitezza, indicatori del tempo presente. Da un lato pare che non ci sia altro da fare che trovare un nome, non una visione, non un progetto, come ha rilevato lucidamente Simone Casalini nel suo editoriale sul Corriere del Trentino di qualche giorno fa; dall’altro si rincorrono possibilità consensuali ad ogni costo aderendo a paure e a sensi di vuoto come vie per ottenere seguito. Mancassero le questioni urgenti, si potrebbe persino capire. E invece no. Dal futuro delle comunità locali, al paesaggio e alla vivibilità, alla scuola e alla sua necessaria innovazione, alla collocazione internazionale del Trentino, all’economia e alla conoscenza, la necessità di visione e innovazione è diffusa. Si pensi solo alla cooperazione e soprattutto al ruolo del credito cooperativo, per fare un esempio. Si registra una situazione di stallo e di incertezza che riguarda un’ossatura portante della società e dell’economia, ma il silenzio è assordante da parte di chi avrebbe la responsabilità di parlare e non solo di subire gli umori del momento. Si pensi al turismo e alla necessità di avere una strategia chiara in termini di evoluzione qualitativa e professionale. O ancora all’alta formazione, dove esperienze di particolare valore degli anni recenti degradano, tra pastoie burocratiche e distrazioni e scelte incomprensibili. Eppure quelle scelte di una certa snellezza e originalità avevano creato competenze che hanno caratterizzato generazioni intere. Una società civile di attori responsabili e non solo spettatori, dovrebbe esprimersi, con la sobrietà propria che è stata delle culture locali, e non rimanere solo spettatrice di uno spettacolo deprimente.