Non si tratta solo di resistere

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


immagineCercando di abitare l’angusto spazio di questo presente, prendendo le distanze dal silenzio rumoroso che ci assorda, penso si tratti di fatto di rovesciare il senso di impotenza e tradurlo nella bella domanda del grande scrittore Ian McEwan: “siamo uomini o digitali?” che è una parafrasi del principe De Curtis, in arte Totó: “Siamo uomini o caporali?”

Solo la supposta padronanza dell’ “io” sulla relazione, della solitudine sull’intersoggettività, sulla profondità del mondo interno di ognuno può portare a ridurre il presente a “strumento” univoco per sopravvivere. Finché c’è l’essere umano c’è un progetto possibile come fonte di senso e significato. E l’essere umano è molto di più del calcolo tattico che si fonda sulla paura, alimentata da eventi equivoci come quello di Ala.

Persi in un eterno presente, non ci lasciamo interrogare da un futuro da cercare, come se l’attuale fosse il solo possibile.

Bisognerebbe ascoltarsi e provare a far dialogare il mondo interno di ognuno di noi e il mondo esterno, come suggerisce Mauro Pancheri, che inaugura nello Spazio delle arti di Trento la propria mostra “Esteriore-Interiore”.

“La paura fa scegliere governanti primitivi”, sostiene con fulminante intuizione il premio Nobel per la letteratura Svetlana Aleksievic.

La resistenza è certamente una nobile scelta, al di là di ogni ideologia. Ci distinguiamo, però, come umani per la capacità di esercitare il “potere di non”.

È solo in quanto siamo fatti per saper esprimere una posizione diversa da quelle dominanti e consuete che siamo umani. Anzi, diventiamo umani prendendo una posizione differente da quelle che sembrano dominanti e indiscutibili, prevalenti e inattaccabili.

Una funzione utile la possono svolgere le maschere dell’abisso, quelle presenze apparentemente risolutive e rassicuranti che popolano il nostro presente. Che siano rassicuranti è importante considerarlo. La paura del presente è di tutti e come si sa, la paura è un’emozione primaria, di base. Non si decide di avere paura con la ragione. Si ha prima paura e poi ci si accorge di averla. Allora la chiusura e la regressione nell’io e nel noi sembra la soluzione per cercare di avere padronanza su un difficile senso di vivere il presente.

Il fatto è che già oggi, ma soprattutto domani e dopodomani, non si potrà fare a meno di fare i conti con gli altri, col mondo e con l’evoluzione effettiva delle cose in cui siamo immersi, al di là della nostra volontà.

Seppure, allora, è necessario ascoltare ed elaborare la paura, a ogni evidenza risulta conveniente guardare avanti e non indietro, verso l’apertura e non verso la chiusura, verso il futuro e non solo verso il presente. Allora la rete e la civiltà planetaria, le relazioni aperte al mondo, per ogni sistema locale come il nostro, divengono opportunità. Basta non concentrarsi solo sul proprio ombelico, rischiando di diventare ciechi all’ovvio, morendo di paura.