Quella scivolosa negazione delle differenze

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


Davvero i trentini sono così in difficoltà da non riconoscere il valore delle differenze di genere e da non voler educare i figli a comprendere la ricchezza dei modi di vivere l’affettività e le proprie emozioni? Davvero i trentini sono intolleranti e disposti a negare l’importanza delle differenze nella civiltà attuale e vogliono perciò consegnare i propri figli a una visione del mondo ridotta alla miseria di un modo di vedere che o è bianco o è nero? Come in una nota barzelletta che forse, grazie all’ironia, ci aiuta a capire: in un tram che va dal mare verso la collina a notte tarda, a Trieste, a un certo punto ad una fermata sale un ubriaco. Reggendosi a malapena ai sedili, rivolgendosi ai passeggeri, comincia a dire, biascicando: quelli della fila di qua sono tutti “becchi”, e quelli di là sono tutti “cretini”. Alla fermata successiva sale un uomo, si siede, e dopo un po’ che l’ubriaco continua la sua litania, reagendo dice all’ubriaco: “guarda che io non sono becco!”. E l’ubriaco: “allora siediti di là, cretino!”. Ecco un tipico effetto di un ragionamento binario, che ammette cioè due sole alternative. Bianco o nero. Se i trentini non sono, come credo, disposti a farsi manipolare da ragionamenti che eccitano gli istinti più retrivi senza mediarli con la riflessione, con la cultura e con la politica, allora hanno un’opportunità importante per distinguersi e riconoscere alcune semplici cose che di seguito indichiamo. L’educazione al cosiddetto “gender” non è in alcun modo un invito a diventare in un modo o in un altro. Le differenze nei modi di vivere la vita affettiva sono una realtà sotto gli occhi di tutti. Noi nasciamo con un sesso che non coincide affatto con la ricchezza della nostra vita affettiva. I maschi si commuovono e piangono di gioia e di dolore come le donne sanno essere prescrittive e autorevoli quando serve. Nella storia e nel presente l’affettività si esprime in tanti modi e per questo esiste il pluralismo di genere nella nostra esperienza. Si tratta di questioni assodate e riconosciute nelle società civili come quella trentina. Pare proprio che il problema sia di una parte dei maschi, che spesso sono la maggior parte di coloro che decidono. Semmai, quindi, dobbiamo chiederci perché abbiamo tante difficoltà, come maschi, ad ammettere la realtà delle cose. Perché i maschi negano le differenze, soprattutto quelle sessuali, e sono omofobi? Una domanda inquietante per chi è figlio di donna. C’è una negazione della dipendenza dal ventre da cui siamo nati e questo fatto non può essere accettato senza pensare a una paura di fondo delle specificità femminili, che produce esclusione, negazione e, purtroppo, femminicidi. Allora volgiamo pensare che, a proposito della recente e retrograda polemica sul “gender”, i trentini siano in grado di non farsi manipolare da proposte che mortificano l’affettività, la libertà e il presente e il futuro civile, proprio e dei propri figli.