Inventare un nuovo immaginario

Di Ugo Morelli


Hic et Nunc


Se non si tratta di salvare qualcuno, ma di salvare tutti, anche chi oggi mostra di procedere con la testa all’indietro, le scelte che si fanno in questo nostro tempo a livello locale incidono e incideranno sul futuro di tutti. Sfuggire all’emarginazione e all’abbandono è forse il compito prioritario. Concentrazione metropolitana esplosiva da un lato, e perdita di senso e valore delle piccole e medie città, danno ai luoghi una rilevanza particolare. Bisogna però saperla cogliere. Per farlo ci vuole il coraggio di uscire dall’immaginario consunto che è stato valido fino a ormai parecchio tempo fa. Quell’immaginario purtroppo funziona bene, oggi, come immaginario rifugio e produce molto consenso. La responsabilità è di chi lo intercetta, gli dà voce e lo promuove, come la via migliore per vivere il presente. L’immaginario che ci ha accompagnati fin qui, però, non funziona più. In qualche modo dobbiamo inventarne uno nuovo. Chi potrebbe giocare un ruolo di sostegno alla nascita e all’affermazione di un immaginario adatto alla contemporaneità, tace o produce confusione; utilizza linguaggi desueti e pesanti; e comunque insegue a sua volta formule trite. Si pensi alla cosiddetta crescita. Si sente forse qualcuno che non ne parli? O, alternativamente, qualcuno che finalmente dica che per territori come quelli locali, e non solo, lo sviluppo non può coincidere con la crescita? Consideriamo il turismo: nelle località di punta dal punto di vista storico, l’immaginario vigente è tuttora l’aumento del numero delle presenze. L’attenzione è tutta per fattori quantitativi. Chi insiste in questa direzione non tiene conto che la domanda turistica di qualità si allontana da luoghi invivibili perché affollati ed evita situazioni standardizzate. Un nuovo immaginario richiederebbe di considerare la possibilità concreta e reale di ottenere risultati migliori con meno e non con più presenze, qualificando l’offerta nella giusta direzione. Certo, possono esserci interessi diversi, ma sarebbe fondamentale cercare insieme punti di convergenza in cui l’approssimazione e la negoziazione portino a un’innovazione più che mai necessaria. Oggi accade addirittura che se un operatore si propone di giocare in modo divergente e innovativo, perché sa già come fare, viene ostacolato e emarginato. A sostenere la conservazione dell’immaginario frusto, non solo nel turismo ma anche in agricoltura, e oltre, contribuisce una governance che è così legata al consenso da essere adagiata sul conformismo dominante, mentre ne è allo stesso tempo espressione e alimento. Si può certo sbagliare, ma pare difficile che da lì possa oggi venire una guida a creare politiche e immaginari innovativi. Il problema principale che ci riguarda tutti allora è: perché se il cinema sta bruciando la gente resta seduta a guardare lo schermo?