Precari stabili

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc


parole

Nel mio lavoro di insegnante che ha a che fare tutti i giorni con giovani che hanno da venti a trent’anni sto raccogliendo testimonianze, dati e materiali per una ricerca sulla precarietà dei progetti di vita e sulla mancanza o estrema provvisorietà del lavoro. Non ci sono differenze tra Trento, Bergamo e Venezia, in questi dati. A cambiare solo in parte sono le condizioni di contesto e il potere di sostegno delle famiglie. Questo non è poco e rende certamente la vita più o meno difficile. In Trentino, per quanto riguarda il contesto e il sostegno familiare le cose vanno meglio. Laddove però la differenza non si vede è nella percezione di sé, delle proprie possibilità e della propria progettualità di vita, da parte dei giovani. Il sentimento dominante è quello della precarietà: di una precarietà che assume un carattere permanente, stabile, senza prospettive e senza via d’uscita. Per usare un ossimoro, che com’è noto è quella forma linguistica in cui la prima parola è il contrario della seconda, si tratta di una precarietà stabile. Mentre nell’ossimoro, però, precario è il contrario di stabile, non è così nella vita delle giovani generazioni. In quel caso la precarietà sta divenendo stabile e così è percepita e vissuta. La condizione di precarietà stabile predispone ad una disponibilità senza condizioni e ad affidarsi a qualsiasi segnale, da chiunque venga, che si proponga almeno in parte come un’opportunità. La parola “aspettativa” non ha cittadinanza nel linguaggio di questi giovani e, anzi, a pronunciarla si avverte un’ansia particolare. Si percepisce che, preventivamente, le ragazze e i ragazzi non la usano e se ne difendono per paura di illudersi. E, d’altra parte, chi ha relazioni con loro e un minimo di responsabilità, si guarda bene dal formulare la benché minima proposta che inviti ad un progetto o ad un investimento, per paura di generare illusioni e successive delusioni. Nell’esperienza trentina, in particolare, emergono alcuni spazi di progettualità e prospettive quando si parla di utilizzare i sostegni familiari per andare all’estero, o a studiare o a cercare un inserimento professionale. Il basso livello di innovazione nel sistema economico locale non domanda professionalità di un certo livello e le opportunità sono, perciò, molto limitate. Inutile sottolineare che cosa significa tutto questo per la vivibilità attuale e il futuro di una società che accetta questo stato di cose. Significa, tra l’altro, depauperamento delle risorse più rilevanti; partecipazione a senso unico al processo di internazionalizzazione della società e dell’economia: si cedono potenzialità e professionalità rilevanti e non se ne attraggono; crisi di socialità e partecipazione attiva alla vita pubblica e alla politica: la società rischia di smettere di essere un progetto e un’invenzione. Se governare è definire e agire priorità, la precarietà stabile pare proprio che lo sia.