Limite

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc




La parola “limite” ci fa paura. Evitiamo di usarla. Accade il contrario con la parola “crescita”: la usiamo in ogni occasione e senza misura. “Limite” è una parola che non usiamo volentieri e perciò quasi sempre la aggiriamo, come si fa quando, camminando, scansiamo qualcosa che non ci piace. Insomma di fronte al limite ci giriamo dall’altra parte. E se provassimo, invece, ad appropriarcene di questa parola e del suo valore decisivo per noi, soprattutto oggi? Visto che abbiamo sufficienti motivi per accorgerci che evitarla ci costerà, e non poco. È stato Ivan Illich a sostenere che “una comunità come un corpo, non può superare la propria misura”. Ecco il punto: avremmo dovuto impegnarci a conoscere la nostra misura e a non superarla. Non lo abbiamo fatto, in molti campi. La rimozione del limite è, infatti, un fenomeno storico. Ciò vuol dire che non è sempre stato così e, quindi, può essere anche diversamente. Si può cambiare, insomma. Prima di consegnarsi quasi del tutto al sacerdozio della crescita l’economia, studiando la storia, ha mostrato come le culture abbiano di fatto limitato accortamente la competizione economica e posto limiti precisi ai rapporti di scambio. Il grande Karl Polanyi ha mostrato come la sussistenza fosse radicata nella vita sociale e ne è stata completamente sradicata. Perfino la parola oggi richiama la miseria e la sopravvivenza, mentre la sussistenza è l’uso appropriato delle risorse disponibili. La nostra situazione attuale, che vede l’“economia” racchiudere e governare l’intera società, è dunque il capovolgimento profondo di una regola storica. Il sarcasmo irridente con cui gli economisti trattano il limite è solo l’indicatore della loro cecità conoscitiva, spesso interessata. L’atteggiamento, com’è evidente da ogni discorso prevalente, è quello di non scegliere, di non differenziare, di non creare almeno una scala di priorità dei fenomeni sui quali darsi un limite o coerenti livelli di limite. È possibile, ad esempio, che città come Trento e Bolzano non riescano a fare sul serio riguardo al traffico automobilistico? A Trento il patrimonio storico e ambientale tra il Castello del Buonconsiglio e il Parco di Piazza Venezia è ferito a morte dal traffico automobilistico. Possibile che non si cerchi un’alternativa? E perché non si accelera la ricerca sul risparmio energetico e la climatizzazione? Possiamo oggi impegnarci a conoscere la misura e a non superarla, ma dobbiamo fare presto e investire principalmente in quella direzione.
Del resto, qualunque cosa facciamo scegliamo comunque. Il nostro destino è tentare e scegliere. Tanto vale allora riconoscere che il limite è la condizione di ogni possibilità. Solo cercando di definire dove posso arrivare sono in grado di riconoscere di cosa sono capace. L’alternativa è il delirio di onnipotenza in cui siamo incagliati. Darsi un limite non vuol dire non poter fare niente, ma fare in modo appropriato. Limite perciò vuol dire conoscenza e scelta responsabile. L’unica scelta possibile, finchè siamo, forse, ancora in tempo.