Persone, prima del profitto

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc

Ho sempre l’impressione o la sensazione della fragilità degli esseri viventi. Ho la percezione che debbano contare su un’energia formidabile per stare in piedi, istante dopo istante, sempre con la minaccia di crollare. Questo lo sento ogni volta che lavoro dal vero”. A dire queste parole è Alberto Giacometti, che parla della propria arte e del significato della propria opera. Il grande artista mette al centro dell’esperienza umana la fragilità. Un’indicazione più che mai importante oggi. Se vogliamo essere in grado di vedere la nostra condizione sul pianeta e nei luoghi dove viviamo, dobbiamo renderci conto che l’attenzione alla fragilità e ai limiti delle risorse, ai beni relazionali e non solo al profitto, che sembra prendere piedi nelle culture autonome del Trentino e dell’Alto Adige, merita di essere estesa e approfondita. Se mai sarà possibile rendersi conto del fatto che abbiamo messo il profitto prima di ogni cosa, probabilmente ci stupiremo di averlo fatto, chiedendoci come è stato possibile. Verrebbe da pensare che lo abbiamo fatto per una nostra paura della finitudine e per la voglia di metterci in sicurezza. Certamente siamo portatori di interesse e caratterizzati da una propensione all’egoismo. Sappiamo però che senza fiducia reciproca e altruismo non andiamo da nessuna parte in qualsiasi ambito della nostra vita. Sappiamo anche che non ci sono possibilità senza riconoscere i limiti. Riflettendo su tali temi si comprende che la questione principale oggi riguarda i comportamenti e le scelte che facciamo, prima ancora dei numeri e delle quantità. È proprio di un certo modo di ragionare e di intendere lo sviluppo, storicamente definito e per molti aspetti portatore di gravi conseguenze, separare l’economia da tutto il resto. La nostra prima meta dovrebbe essere volta a creare una cultura che smetta di pensare che il resto sia “resto”. Prendiamo la questione dei meriti nel lavoro. Aver creato una tendenza e una prassi per cui i meriti sono di fatto identificati solo con la remunerazione economica e solo con gli incentivi monetari produce uno svilimento della qualità e delle relazioni nei luoghi di lavoro. Ma ancor peggio, genera una caduta delle motivazioni verso il ben fatto e verso la cooperazione reciproca. Eppure sono rare le situazioni lavorative in cui si presti attenzione alla varietà dei riconoscimenti possibili per riconoscere i meriti e sviluppare motivazione, dalla crescita professionale, alla formazione, alla differenziazione delle esperienze per l’arricchimento professionale, alla possibilità di trascorrere periodi lavorativi in altri paesi o di combinare in modo diversificato tempo di vita e tempo di lavoro. Tutto quanto riguarda la fragilità e la vulnerabilità, in una parola il limite, di noi esseri umani è stato ed è considerato non da elaborare e affrontare, come sarebbe giusto e necessario, ma da annullare e negare. Nella società attuale la principale negazione riguarda il valore dei beni relazionali per fare economia. Dal superamento di questo atteggiamento e di questo comportamento derivano le effettive possibilità di avere una società e una vita più vivibili e desiderabili.

I beni relazionali sono indecidibili e la loro funzione è imponderabile: in questo sta il loro principale valore.

"La musica è la migliore consolazione già per il fatto che non crea nuove parole. Anche quando accompagna delle parole, la sua magia prevale ed elimina il pericolo delle parole. Ma il suo stato più puro è quando risuona da sola. Le si crede senza riserve, poiché ciò che afferma riguarda i sentimenti. Il suo fluire è più libero di qualsiasi altra cosa che sembri umanamente possibile, e questa libertà redime. Quanto più fittamente la terra si popola, e quanto più meccanico diventa il modo di vivere, tanto più indispensabile deve diventare la musica. Verrà un giorno in cui essa soltanto permetterà di sfuggire alle strette maglie delle funzioni, e conservarla come possente e intatto serbatoio di libertà dovrà essere il compito più importante della vita intellettuale futura. La musica è la vera storia vivente dell’umanità, di cui altrimenti possediamo solo parti morte. Non c’è bisogno di attingervi, poiché esiste già da sempre in noi, e basta semplicemente ascoltare."

In occasione della recente rappresentazione del Nabucco, il maestro d’orchestra Riccardo Muti, che dirige l’opera, ha speso parole di denuncia contro i tagli alla Cultura: ''Sono molto addolorato per cio' che sta avvenendo, non lo faccio solo per ragioni patriottiche ma noi rischiamo davvero che la nostra patria sarà bella e perduta', come dice Verdi'', per poi procedere con un richiestissimo bis della celebre aria cantata dal pubblico stesso Va pensiero, con tanto di standing ovation.

Con Filostrato possiamo dire:

Gli dei percepiscono il futuro, gli uomini il presente,   i saggi ciò che s'approssima .

[Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana, VVII, 7]

                            

Gli uomini conoscono il presente.

                 Gli dei sanno il futuro,

unici e assoluti detentori di ogni luce.

Ma dal futuro i sapienti colgono 

        ciò che s'approssima. Il loro udito

talora s'allerta d'improvviso nei momenti

d'intenso studio. A loro giungono 

le misteriose voci degli eventi che s'approssimano.

E devotamente le ascoltano.

Fuori, per le vie, 

la turba non riesce a sentire nulla. 

L’ espressione: "lasciami il tempo" dovrebbe commuoverci profondamente

perchè davvero abbiamo bisogno di un rapporto col tempo che prenda le distanze dal parlare per convincere o dalla pressione per far accadere.

Solo dovremo cercare di ascoltare la risonanza da cui dipende il nostro modo

di rivolgerci a chi abbiamo di fronte ed esserci nella relazione: il tempo è e altro non ci è dato che ricercare le condizioni per esserci.

Quanto alla morale, studiandola a lungo nei processi mentali, altro non è che 

il costume che scegliamo (solo in parte, ma quella parte è quella che conta) di darci.

L'etica (dall'etimo "et" che vuol dire "qui") è un'altra cosa, e dovremmo cercare un'etica della responsabilità relazionale: “cosa faccio e posso fare io, qui ed ora, di fronte a te”.

Tutto il resto consegue dalla relazione che nasce.