Ugo Morelli e Vittorio Gallese al Festivaletterature di Mantova: La bellezza dentro e fuori, 8 – IX - 2011

Archivio Sezione Hic et Nunc

ugo morelli

Ognuno ha sperimentato e sperimenta l’incanto, a volte fino alla commozione, ascoltando un brano musicale, osservando un’opera d’arte, leggendo un romanzo, o di fronte a un paesaggio.

Si possono comprendere quelle esperienze come caratteri emergenti dalla nostra storia evolutiva? La storia di una specie che sembra sia divenuta capace di tutto questo solo ad un certo punto della propria evoluzione?

Cercare di comprendere la bellezza come esperienza della nostra natura umana, cercare di farlo, vuol dire sminuirci o divenire più consapevoli dei nostri vincoli e delle nostre possibilità; vivere più pienamente la nostra natura?

  1. Movimento e impermanenza. Attenzione allo studio dell’impermanenza (mancanza, incompletezza, neotenia):

  • apprendimento

  • conflitto

  • incertezza

  • vivibilità

  • cambiare idea

  • esperienza estetica

  • bellezza

vittorio

  1. Corpo, movimento, relazione nell’esperienza umana

ugo

  1. Critica ai dualismi:

  • mente – corpo

  • mente – natura

  • individuale sociale

vittorio

  1. neuroni specchio, molteplicità condivisa; le emozioni nell’esperienza umana

ugo

  1. esperienza estetica come esperienza sociale: la bellezza dentro e fuori:

  • l’esperienza estetica e le parole per dirla

  • l’ipotesi della tensione rinviante

- arte

- scienza

- sacro

- amore

- politica

Il possibile allo stato puro.

La bellezza come proprietà che emerge al punto di incontro tra mondo interno e mondo esterno con la mediazione del principio di immaginazione, possibile per la nostra tensione costitutiva a rinviare all’oltre rispetto all’esistente. La bellezza come possibilità che si esprime con la parola.

L’ipotesi difesa con questo contributo è che l’accessibilità alla bellezza, intesa come espressione sufficientemente buona del proprio mondo interno nella relazione con gli altri e il mondo, sia possibile e difficile allo stesso tempo, perché la bellezza è ambigua e accedervi esalta il suo contrario, non lo supera ed elimina. Più s’intensifica la luce, più aumenta la sua separazione dall’ombra; i margini divengono confini e, perciò, più difficili da attraversare.

Più alta è l’esperienza di bellezza che si para innanzi, più sembrano ridursi le possibilità e lo spazio del significato e del linguaggio per accedere all’espansione interna richiesta: quell’accesso esige un’apertura all’immediatezza dell’indicibile e allo stesso tempo riduce la resilienza degli equilibri e degli ordini di senso esistenti, esaltando il valore rassicurante di questi ultimi.

La bellezza: una via naturale per cercare di comprenderne le manifestazioni: una connessione sufficientemente compiuta tra mondo interno e mondo esterno nella elaborazione del movimento di avvicinamento (avvicinarsi a) e di allontanamento (allontanarsi da) con il mondo, che può confermare o destabilizzare il modello neurofenomenologico di sè.

“Nelle scuole filosofiche, in quella pitagorica in special modo - ma non solo, anche in quella eleatica e in altre organizzate a mo’ di confraternite – monasteri contemplativi – l’educazione filosofica non tendeva tanto all’insegnamento dei dogmi filosofici predeterminati della scuola, quanto alla contemplazione attenta e profonda della vita, così da rendere all’anima ‘….. i giorni quando le era nuova / Ogni impressione della vita’, affinchè, come dopo un sonno ristoratore, la mente scorgesse con occhio non prevenuto e limpido l’immagine dorata dell’esistenza e, scortala, si stupisse e, stupitasene, si meravigliasse e, meravigliatasene, ne fosse estasiata e, estasiata, vedesse non già i limiti esteriori dell’esistenza, non le sue fodere polverose, ma ‘la terraferma dell’abisso ubertoso’, le inquietudini creative della vita e ne sfiorasse gli aspetti quotidiani”.

[P. A. Florenskij, Stupore e dialettica, Quodlibet, Macerata 2011; ed. orig. Dialektika, 1918 – 1922]

L’arte: Rendere visibile l’invisibile.