C'è speranza se questo accade a Fies

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc

"Ma anche soltanto il cercare di dare espressione a certe realtà ‘profonde’ è un atto di impossibile traduzione”, scrive il grande poeta Andrea Zanzotto, novantenne di Pieve di Soligo, sul Corriere della Sera dell’1 ottobre. Tradurre in linguaggio i nostri sentimenti più profondi è, in effetti, davvero difficile, se non impossibile. Proviamo qualcosa di simile quando dobbiamo dire perché l’arte, la musica, la danza, la poesia, la letteratura, sono la vita stessa della civiltà. La cosa diviene immediata e facile assistendo, coinvolti emotivamente fino all’indicibile, a uno spettacolo di danza particolare. Su un progetto di Antonella Bertoni, un gruppo di sette bambini, quattro maschi e tre femmine, hanno messo in scena, in prima nazionale alla centrale di Fies, la sera del primo ottobre, Il ballo del Qua – prima parte. Gli spettatori erano adulti e lo spettacolo è concepito per adulti. Dal primo momento dell’entrata in scena allo spegnersi delle luci, col fiato sospeso, i presenti sono stati portati in un’esperienza estetica difficile da dire con le parole. Il rigore esecutivo e la puntualità di messa in scena dei gesti di danza di bambini da circa cinque a meno di dieci anni, hanno fornito una situazione esemplare di quello che l’arte può fare per tutti noi. Può educare anima e corpo all’espressione attenta ed elegante di sé; può avvicinare fino a fonderlo il mondo dei bambini e quello degli adulti; può innalzare la riflessione sulla vita e sul suo significato; può aprire al senso del possibile. Un investimento di giornate di lavoro e di pazienza e metodo che ha avvicinato non solo i bambini alla danza, ma ha esaltato il ruolo che può avere l’educazione, e l’educazione all’arte e alla creatività in particolare, nella vita di tutti noi. Uno degli aspetti che persistono nella riflessione dopo lo spettacolo, è la serietà e l’impegno di scena, fino all’ultimo secondo e perfino nel raccogliere l’applauso interminabile, delle bambine e dei bambini artisti. Si dicono molte cose sull’educazione e se ne criticano i fallimenti. Certamente sono molte le cose da rivedere. L’educazione artistica, tra l’altro, è la più deprecata nel paese in cui viviamo, anche se ha un poco più di attenzione in Trentino. Se si vuole che l’educazione sia la fucina dell’avvenire, l’esempio visto alla centrale di Fies dovrebbe essere tenuto in massimo conto. Anche per ragioni di orgoglio per un progetto che sa far dialogare locale e globale: si tratta di un’artista e di una compagnia italiana, la compagnia Abbondanza/Bertoni, che presenta in un luogo trentino una prima nazionale di assoluta originalità e eccellenza. Perché ciò è possibile? Per la grande professionalità e per il respiro internazionale che i protagonisti hanno saputo darsi. Essere condotti da quei bambini nelle figure della danza ha portato chi guardava lungo le vie della bellezza di un presente e di un futuro possibili. L’auspicio è che sia solo l’inizio e che quei passi di danza continuino a creare. C’è speranza se questo accade a Dro.