L'autonomia della scuola. La scuola dell'autonomia

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc

L’autonomia della scuola e la scuola dell’autonomia sono, probabilmente, due modi per dire la stessa cosa. Sia i riconoscimenti esterni di questi giorni che l’attenzione di chi governa alla scuola ne sono una prova. Si tratta però di fare un salto di qualità. È difficile non essere d’accordo con il fatto che i tabu ci sono e incidono sulle potenzialità che la scuola potrebbe esprimere. Quelle potenzialità le consentirebbero di assurgere, come merita, a laboratorio di presente e di futuro per la nostra autonomia. In uno scenario in cui il luogo dove guardare è il dialogo denso di possibilità tra una comunità territoriale e il pianeta, l’emancipazione attraverso le conoscenze è con ogni evidenza la leva principale; o, viceversa, il principale problema. Due o tre cose sembrano importanti, accanto alle questioni sollevate recentemente dal Presidente Dellai. La questione della chiamata dei docenti, un’innovazione salutare e civile, dovrebbe essere supportata da una appropriata valutazione dei meriti nello studio, nell’aggiornamento e nella qualità della didattica da parte dei docenti. Insistere sul fatto che il nodo principale della scuola è la relazione educativa, significa considerare almeno due punti. Nella maggior parte dei casi si continua a educare a partire dall’insegnamento di contenuti precostituiti e spesso obsoleti, e non a partire dall’apprendimento degli studenti che oggi abbiamo nelle scuole. Partire dal loro apprendimento, in secondo luogo, vuol dire prendere le mosse dalle loro menti e dai loro linguaggi, ma anche dai loro codici affettivi, di bambini e ragazze del duemila. Le basi della conoscenza oggi sono in rete e l’analfabetismo di secondo tipo sta nel subire la rete senza saperla usare; senza cioè avere i codici per selezionare la strabordante informazione disponibile. Combinare emozioni e cognizione nella relazione di apprendimento diviene ancora più urgente e necessario. È ovvio che qui non si tratta di costruire misurazioni valutative astratte e fredde, solo dall’esterno, ma di coinvolgere gli interessati a creare sistemi di valutazione che in tempi brevi innovino radicalmente la didattica. Accanto a questi aspetti rimane inevaso il compito di apprendere ad insegnare per insegnare ad apprendere. Quest’ultimo è forse il compito più urgente della scuola oggi. Un bravo specialista in una disciplina ha bisogno di formarsi per insegnarla. Ci sono stati tentativi ma nulla è divenuto sistematico e risolutivo. Da ultimo il recupero della marginalità della scuola, in Trentino certamente inferiore ad altre parti d’Italia, non passa per la sua sudditanza a qualche altra componente della società. La necessaria concertazione della scuola con le molteplici espressioni della società non può essere ridotta a consociativismo con qualcuna di quelle espressioni. Tanto più se si tratterebbe dell’ennesimo riduzionismo economicista. Ciò vorrebbe dire non aver capito qual è una delle principali cause che ci rendono difficile reagire alla crisi in corso: la scarsa dotazione di conoscenze diffuse e elevate in grado di leggere se stessi nel presente e non solo la carenza di qualche tecnica produttiva o di gestione, necessaria ma non sufficiente.