Cultura fa rima con futuro

Di Ugo Morelli.
Archivio Sezione Hic et Nunc


La cultura è qualcosa che appartiene al passato o attiene solo a questioni della tradizione e del folklore? Di fronte a simili discorsi, raramente esplicitati ma spesso impliciti, viene in mente la barbarie sempre in agguato nella nostra esperienza umana. Un’altra indagine, l’ennesima, ci fornisce ulteriori dati che di certo non dovrebbero passare inosservati. Si tratta della ricerca Symbola e Unioncamere, che hanno redatto il rapporto 2012 sull'industria culturale italiana. Nonostante le critiche costanti, gli sprechi e il disinteresse, la "Cultura" frutta all’Italia il 5,4 per cento del Prodotto Interno Lordo, ovvero settantasei miliardi annui. La cultura è un'industria che offre lavoro a un milione e quattrocentomila persone, anche in questo caso oltre il cinque per cento della popolazione occupata, superando meccanica e servizi primari. In Trentino e in Alto Adige questo dato si espande ulteriormente se si considera la connessione tra Cultura, Università e Turismo, che fanno della nostra realtà un riferimento davvero decisivo del panorama europeo e certamente italiano. Eppure certamente in Italia, ma anche qui, non sempre c’è l’attenzione dovuta alla valorizzazione dell’offerta culturale che, prima di tutto nell’immaginario, continua a essere percepita come una realtà di risulta, secondaria e costosa. Quando non si offende la presenza dell’offerta culturale con decisioni che fanno pensare a una incapacità di tollerare la bellezza e di darle voce. Gli investimenti in cultura in senso lato sono quelli che parlano più di ogni altro di futuro. Anche se in un tempo recente è stato sostenuto che con la cultura non si mangia e probabilmente chi lo ha detto non era l’unico a pensarla così. Invece con la cultura si mangia. Se, infatti, ci si riferisce non solo alle "imprese" che producono cultura ma anche ai vari settori e sottosettori si arriva a un quindici per cento di produzione sul totale dell'economia nazionale e a un diciotto per cento di occupati, circa quattro milioni e mezzo di persone. L'indagine, come riferisce Unioncamere, ‹‹smentisce chi descrive la cultura come un settore non strategico e rivolto al passato, mentre è quanto mai necessario inquadrarlo come un fattore trainante e di rilancio per molta parte dell'economia italiana, una delle leve per ridare ossigeno ad un Paese messo a dura prova dalla perdurante crisi››. Importante è verificare, inoltre, che, secondo l'indagine, è possibile scoprire che mentre tutto è in flessione negativa, la cultura ha guadagnato un mezzo punto percentuale annuo negli ultimi quattro anni, così come gli occupanti del settore sono cresciuti quasi dell'uno per cento, con un attivo di oltre venti miliardi registrato nello scorso anno. Non dovrebbe essere difficile riconoscere la cultura come un'infrastruttura immateriale fondamentale nella sfida del risanamento italiano. Se per bellezza si intende una particolare connessione tra persone e società, tra gruppi sociali e luoghi di vita, la cultura che genera la bellezza è una via decisiva per l’emancipazione e la qualità della vita delle comunità locali.