NEET – Not in education, in employment, in training
Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

“Non so neppure che cosa vuole sapere da me, mi sembra tutto così chiaro: lei andrebbe a pescare in un lago completamente secco, senza avere neppure la canna di pesca e avendo fatto dei corsi inutili dove non ha imparato a pescare?” Quello che ho davanti a me e mi dice queste cose è un giovane di ventuno anni che non studia, non lavora e non è in formazione. Stiamo facendo una ricerca sui Neet, di cui ha parlato ieri sul Corriere del Trentino Marika Damaggio. Cosa c’è dietro i dati preoccupanti della Banca d’Italia? Quali storie? Quali motivazioni? Quali sentimenti esistenziali? Se si utilizzano le categorie del premio Nobel per l’economia Amartya Sen, che identifica nel rapporto tra capacità e opportunità lo spazio di espressione individuale e di giustizia sociale in ogni processo di sviluppo, nell’esperienza dei Neet si può ravvisare l’entropia di entrambi i fattori. Tra la capacitazione fallita nell’educazione familiare e scolastica e la posizione di incitamento a farcela da soli – con relativa punizione e colpevolizzazione per chi non ce la fa – prende corpo la precarietà esistenziale e lavorativa dei giovani, e rischia di crearsi una situazione insostenibile. Si interviene poco e malvolentieri rispetto al problema e non si perde occasione per colpevolizzare chi non si capaciterebbe abbastanza, purchè lo faccia arrangiandosi con le proprie forze. Ecco: Neet è chi ormai si astiene dall’entrare in quello stato di incertezza profondo dovuto all’iniziare e all’uscire, al cercare inutilmente, all’aspettarsi di riuscire e a fallire, a ricominciare senza avere qualche mappa o qualche appiglio; chi non riesce a contenere quell’ansia, la evita preventivamente e decide di non provare più. I giovani e le giovani che stiamo ascoltando con la ricerca si sono anestetizzati rispetto alla propensione ad aspettarsi qualcosa per quanto riguarda le opportunità lavorative e la possibilità di formarsi per aumentare quelle opportunità. La ragione principale è che non percepiscono opportunità e si vietano di immaginarle in quanto non sono più disposti a gestire i fallimenti a lungo sperimentati. Molteplici e estese verifiche di ricerca mostrano che la motivazione intrinseca di ognuno è strettamente correlata a quella che si chiama la motivazione estrinseca. Ogni essere umano ha un’inclinazione naturale nel provare interesse e nel cercare le vie dell’altro e dell’inedito, e quindi ogni individuo è naturalmente motivato e spinto ad agire. Vi è in noi esseri umani, in ragione della nostra competenza simbolica che ci rende protesi a concepire l’inedito e l’inesistente, un’autodeterminazione e una motivazione autonoma che sostengono costantemente lo sviluppo della personalità. Nessuno può essere se stesso se non in relazione a un altro e a un contesto che in una certa misura lo sostiene e gli offre almeno un’opportunità. Le manifestazioni e le esternazioni riguardanti i giovani e quella che è stata definita di volta in volta la generazione dei “bamboccioni”, dei “passivi”, degli “indifferenti”, degli “annoiati”, quasi sempre da parte di chi ha figli garantiti in termini di opportunità indipendentemente dalle loro capacità, sono un segno del degrado civile del nostro tempo. Al di fuori di ogni posizione giustificazionista e assolutoria, e sottolineando la centralità della responsabilità individuale, se i giovani esclusi oggi sono senza opportunità per le loro legittime aspettative, non possono essere ritenuti i soli responsabili di buona parte delle cause dell’emarginazione di loro stessi.