Museizzare o coltivare l'autonomia?
Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Se c’è un rischio che noi esseri umani corriamo è ridurre la vita alla nostra esperienza. Se c’è una possibilità che abbiamo è la cultura: il nostro effettivo spazio evolutivo, quello di coltivare noi stessi, generando le condizioni della nostra emancipazione continua. Si dimentica spesso che cultura e coltura hanno la stessa origine e indicano il fatto elementare che la vita di ogni cosa sta nella sua continua trasformazione. Ovvero nel valorizzare la storia e la memoria alla temperatura del presente. Quando non investiamo abbastanza nella conoscenza della storia, rischiamo di perderci in derive nostalgiche e nell’invocare un passato spesso inventato per riempire il vuoto del presente. Che la storia distintiva dell’autonomia trentina sia da studiare e da conoscere, possibilmente senza enfasi celebrative e sacralizzanti, evidenziandone vincoli e possibilità e modi di interpretarla, è un fatto decisivo. Se non ci sono state le dovute attenzioni e i dovuti investimenti in tal senso, mentre se ne godevano i vantaggi, è opportuno chiedersi perché e mettervi mano. Che si pensi di museizzare l’autonomia, ingessandola in un’agiografia celebrativa che la trasformerebbe in un fossile, vorrebbe dire ridurre la vita presente e i suoi possibili sviluppi futuri alla nostra esperienza: detto in altri termini vorrebbe dire contemplarsi l’ombelico. La cultura è tensione tra passato, presente e futuro; solo con l’arte e la cultura possiamo immaginare di combattere l’entropia del tempo, quella tendenza inarrestabile ad adagiarci nelle nostre certezze; la cultura ci può aiutare a tradurre il locale nel globale e viceversa; la cultura ci può consentire una vita “verticale”, tendente cioè a cercare, oltre l’esistente, le condizioni del nostro presente e del nostro futuro, aprendo spazi in quella vita “orizzontale” che ci consegna a un’esperienza appiattita su se stessa. Mentre una nuova era prende forma, una realtà locale si trova a decidere come vi partecipa. Se l’autonomia è un carattere distintivo della storia trentina, si tratta di comprendere come vive nelle coscienze e nella conoscenza di ognuno, dove trova il terreno più fertile di tenuta e di sviluppo, di elaborazione e di cura, in una parola: di cultura. Al di là delle intenzioni che sono alla base dell’ipotesi di creare un museo dell’autonomia, pare importante considerare che possiamo investire in cultura o creando feticci e simulacri, o favorendo processi di mediazione che aiutino a sviluppare una coscienza del presente in cui abitare con la propria storia e una coscienza planetaria. I feticci e i simulacri sono apparentemente più appaganti, non solo, ma corrispondono anche alla paura che ci accompagna oggi e che chiede rifugi e sicurezze. La mediazione con il mondo a partire dalla coscienza di noi stessi è una via più impegnativa, ma è anche quella per non isolarsi e essere parte del mondo in cui viviamo.