La classe è acqua per un'idrodiplomazia popolare
Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

I tempi stanno cambiando. Si diceva: “la classe non è acqua”, nel tempo in cui l’acqua era la più scontata delle risorse.
La variabile H2O, che ogni bambino impara presto essere la formula dell’acqua, è una delle più critiche già oggi e ancor più lo diventerà. Quando si parla di paesaggio come spazio delle nostre vita si pensa alle vedute, ai panorami, agli sfondi e meno si pensa alle risorse di cui siamo fatti. Sì perché l’acqua è ciò di cui siamo principalmente fatti, prima di essere una risorsa per dissetarci e produrre gli alimenti per vivere. Bene sociale. Elemento vitale insostituibile. Risorsa, che tende però a scarseggiare. Per il suo sfruttamento s’inaspriscono tensioni internazionali, ma anche a livello locale vi sono molti problemi. La distrazione sul tema è alta. E non c’è da stupirsi. Si tratta di una risorsa che è stata abbondante nei secoli. La memoria di fontane domestiche, nei cortili di casa, a gettito continuo di acqua potabile, è molto recente. Eppure i segnali non sono pochi per mettersi a pensare e ad agire. Talvolta conflitti latenti sono già in atto. L’innevamento artificiale è fonte di confronto e non è facile decidere chi debba appropriarsi delle ingenti risorse idriche necessarie, in molti casi. I laghi inquinati in Trentino esistono e in qualche caso non si sa come uscirne. L’acqua: mentre l’Europa vorrebbe monetizzarla, le Nazioni Unite, invece, hanno dedicato il 2013 alla cooperazione internazionale per la gestione dell’oro blu, considerato fondamentale per la vita e lo sviluppo socio-economico. Ma, soprattutto, indispensabile per la sicurezza alimentare di tutti i popoli, per la salute umana, per il benessere fisico e per l’igiene. Il numero di Gennaio dello storico mensile dei Comboniani, Nigrizia, tratta ampiamente il tema, dedicando il dossier al bacino idrografico del Nilo. Un’area che presenta plasticamente tutte e tre le principali crisi che minacciano l’acqua: a) la contesa tra stati e popoli sul controllo del corso fluviale; b) un’enorme pressione demografica nel bacino che porta con sé uno sfruttamento maggiore del fiume; c) il rischio di un prosciugamento progressivo delle risorse idriche, a causa anche di funesti cambiamenti climatici. La forza delle istituzioni e delle società locali attende di essere riconosciuta, a proposito dell’acqua. Quello che si può fare nelle reti locali è molto di più di quanto riescono a fare le grandi istituzioni internazionali, anche se non sostitutivo. Alla luce dei principali punti della conclusione dell’accordo di Doha sulla lotta al cambiamento climatico, firmato l’8 dicembre 2012 in Qatar, l’azione locale si fa ancora più urgente. Quell’accordo appare così blando da far rimpiangere il protocollo di Kyoto del 1997, peraltro ancora quasi del tutto da applicare. L’azione locale, oltre alle esigenze di provvedimenti innovativi a livello istituzionale e normativo, richiederebbe l’attivazione di una vera e propria “idrodiplomazia popolare”. Una rete di persone significative e rappresentative che, appositamente formate, nelle comunità locali promuovano comportamenti virtuosi riguardo alla risorsa acqua e percorsi di educazione sociale sul tema. Sarebbe bene che i più sensibili tra coloro che hanno responsabilità di governo locale o sono rappresentativi nelle comunità raccogliessero questa esigenza e la traducessero in concrete scelte operative. Sarebbe una scelta di classe nel tempo in cui “la classe è acqua”.