Libertà e diritti civili
Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

A volte accade di non riuscire a comprendere le conseguenze delle proprie scelte. Era stato Gianbattista Vico a parlare di eterogenesi dei fini. Uno agisce convinto di ottenere certi risultati e ottiene il contrario. Allora si chiede come mai. Il mio interlocutore dice di essere un liberale convinto. Ha votato in Trentino Alto Adige per il partito di chi oggi è vice ministro e si chiede: ma chi abbiamo alle pari opportunità?. Di professione fa l’avvocato. È un omosessuale e convive da anni con una persona che ama. Vorrebbe sposarsi e attende con ansia che qualche forza politica si faccia carico della sua aspettativa. Pensa che la sua vocazione liberale coincida con la libertà di scelta individuale. Che proprio per questa ragione ha creduto in chi ha promesso di agire non in base a ideologie o moralismi, ma secondo un principio di libertà. Dice che ha pensato, da cattolico, che la fede fosse una cosa e i diritti civili un’altra. Che non si potessero confondere le convinzioni individuali con il governo della cosa pubblica, che per definizione persegue interessi sociali e collettivi. Allora, si chiede il mio interlocutore, come mai chi giura sulla Costituzione italiana per diventare vice-ministro, non fa la prima cosa che dovrebbe fare: tutelare e applicare la Costituzione. L’articolo due dice che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo”, mentre l’articolo tre sostiene che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Un ripasso non guasta per accorgersi che nella carta fondamentale i diritti individuali sono non solo riconosciuti, ma è affermato l’impegno a rimuovere qualsiasi ostacolo alla loro espressione. Ora, risulta difficile, per chi ha fatto una scelta di vita e di voto con l’aspettativa di vedere realizzato il proprio modo di intendere la vita e le relazioni, comprendere le ragioni del diniego di un diritto riconosciuto in molti paesi civili, compresi gli Stati Uniti. Tanto più che, al di là delle volgarità più o meno vere o inventate, la manifestazione di certezza e la convinzione di avere ragione, da parte del vice ministro alle pari opportunità, pone seri interrogativi a chi, seppur con un sistema elettorale che non consente di scegliere, ha affidato le proprie aspettative a un certo partito. Prima di tutto la questione riguarda quella carica istituzionale relativa alle pari opportunità. Pari per chi? Mi chiede il mio interlocutore. Solo per coloro che interessi di parte e una certa morale dominante ritengono degni di essere considerati persone? E noi chi siamo? Poi, perché tanto accanimento verso una scelta che riguarda la vita e gli orientamenti personali? Chi si schiera in quel modo ha in mente i diritti effettivi delle persone, o conta i consensi a seconda del vento prevalente e usa i valori come merce per il voto di scambio? Ma soprattutto, dove finisce la Costituzione su cui pure, chi governa, giura?