Il MUSE sta arrivando
Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Trento, il Trentino, l’Italia, stanno per lanciare un segnale forte di civiltà: il Muse, Museo delle scienze aprirà il ventisette luglio. Sarà bene dedicarsi all’evento con determinazione e distinzione. La determinazione che nasce dalla consapevolezza che quel giorno comincia un cammino inedito per il volto della città, della cui valorizzazione l’intera città è responsabile. La distinzione che ponga il Muse a priorità negli investimenti culturali, eviti di parlare genericamente di cultura come “petrolio” d’Italia e di confondere, anche con i finanziamenti, la cultura con le sagre della salsiccia, della polenta e dei piumotti. Leggendo il "Report Cultura 2013”, pubblicato da Federturismo e Confcultura, si possono trovare alcune proposte "fattibili” per il rilancio dei Beni Culturali italiani, che hanno risvolti immediati per il sistema della cultura locale. L'obiettivo italiano, infatti, è simile a quello trentino: colmare il divario con i Paesi stranieri, che sotto certi punti di vista vantano un patrimonio minore ma riescono a impiegare molta più forza lavoro nel settore e a fare della cultura una carta di presentazione di se stessi. Un esempio? Se in Italia gli addetti alla cultura, nelle mansioni più disparate, sono 470mila circa, Inghilterra e Germania impiegano qualcosa come 800mila e un milione di persone. Si pensi solo alla valorizzazione di uno dei 47 siti Unesco presenti sul territorio del Belpaese: le Dolomiti e il loro inestimabile valore naturalistico, scientifico e estetico. Si attendono ancora progetti e attenzioni da parte dei diversi attori del sistema locale per la valorizzazione di quel riconoscimento Unesco. Nel rapporto si parla di una "bellezza senza sguardo” e noi vorremmo che lo sguardo degli attori locali, pubblici e privati, fosse un poco più attento a selezionare, valorizzare e sviluppare la cultura e le sue potenzialità, insieme alla conoscenza e al suo valore di sviluppo e innovazione. Ora il Muse apre grazie al lungimirante investimento di chi governa la realtà locale e si affianca al Mart per portare il valore delle istituzioni culturali trentine al vertice in Europa. Vorremmo che questo fosse, tra gli altri, il modo di intenderne la rilevanza, la presenza e il valore. Non vorremmo sentire il coro che ha accompagnato il Mart: “ma cosa ci dà il Muse, o il Mart?”, da parte degli operatori locali. Quando si sente quella domanda il problema è nella domanda, non nella risposta. Se ci si fa una simile domanda vuol dire che non abbiamo la cultura professionale, operativa e imprenditoriale per dare valore, anche economico, alla presenza di simili istituzioni. Ma, cosa ancora più grave, vuol dire che non abbiamo capito che per noi, per i nostri figli, per i nostri parenti, quelle istituzioni possono aprire la testa, possono allargare lo sguardo, possono aumentare la libertà e la civiltà, possono farci sentire protagonisti nel mondo di oggi. Ci danno occhi per vedere e servono prima di tutto a emancipare culturalmente e civilmente le comunità locali. Ogni identità locale non può essere pensata o affrontata in solitudine: sennò diventa una prigione. Le istituzioni come il Muse lanciano una sfida a una politica ciecamente identitaria e preparano un futuro per i nostri figli in modo che siano collocati in un’appartenenza, connessi e cosmopoliti: tre co-co-co diversi e necessari anche per uscire dalla precarietà lavorativa.