Una classe dirigente che ha smesso di pensare?

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Abbiamo lavorato con impegno, partecipanti e docenti, alla formazione di un’intera classe dirigente della cooperazione trentina, negli ultimi venti anni. In particolare nel credito cooperativo. Gli investimenti in tempo e applicazione, da parte dei dirigenti o di coloro che stavano per diventarlo, sono stati notevoli. A un certo punto è come se non ci fosse più il tempo e la disponibilità a investire in conoscenza, pensiero e ricerca per uscire dal presente e progettare il futuro. Gli sguardi sono stanchi e gli atteggiamenti quasi rassegnati. Le vie di fuga sembrano due: il richiamo alla crisi, vissuta come una calamità naturale; la consegna a brevi momenti di aggiornamento tecnico, purchè non si rifletta approfonditamente sulle priorità strategiche di sistema. Eppure mai come in questo momento il ruolo dei tecnici nella formulazione di strategie e nella ricerca di soluzioni organizzative e gestionali è divenuto cruciale. Nella divisione dei compiti tra chi governa e chi gestisce le imprese cooperative, la conoscenza manageriale e specialistica dei dirigenti è un patrimonio indispensabile. È stata portata avanti con tenacia una via del confronto tra le attrazioni fatali del mito del mercato dalle magnifiche sorti e progressive, e un innalzamento delle competenze tecniche in una prospettiva di umanesimo manageriale, adatta alla cooperazione. Non è facile dire quale prospettiva sia prevalsa e stia prevalendo. Se da un lato è innegabile una certa imitazione incondizionata alle logiche del rampantismo finanziario, dall’altro c’è un nucleo forte di distinzione del modello cooperativo d’impresa che può essere tuttora valorizzato. Non era certamente agevole tenere la barra dritta nel tempo dell’illusionismo finanziario con aspettative di arricchimento rapido. Ora che la crisi in corso ha messo in evidenza i limiti e i fallimenti di un certo modo di intendere il mercato e l’economia, potrebbe essere importante valorizzare finalmente una storia e creare strategie per un presente differente. Che cosa fa la differenza? Un’economia sociale di mercato che sia attenta a connettere cultura locale, vocazioni territoriali, innovazione e internazionalizzazione. Una quadratura del cerchio? Forse, ma certamente la via maestra per un sistema locale che voglia essere protagonista nel mondo di oggi. Allora ci vorrebbe uno scatto di orgoglio individuale e una cura delle persone da parte del sistema cooperativo: quest’ultimo aspetto dovrebbe essere, tra l’altro, nella sua natura. Sul piano soggettivo si tratta di riprendere a investire in formazione e conoscenza, sia tecnica che manageriale. Le competenze evolute non bastano mai, e oggi men che meno. Sul piano istituzionale è ora che la formazione sia considerata un investimento e non solo un costo. Una certa lungimiranza a dotare il sistema cooperativo di un’istituzione per la formazione richiede oggi una nuova alleanza tra persone e imprese cooperative, per pensarsi e per pensare insieme il presente e il futuro della cooperazione.