Per una nuova convivialità

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Non so a voi, ma a me generano non pochi motivi di riflessione e disagio le analisi insistenti con cui in questi giorni si commentano le cosiddette cadute dei consumi, in particolare riguardo alla ritualità dei saldi. I negozi sono aperti ma la gente non spende. Questi sono i commenti dominanti. Al centro delle mie riflessioni ritorna insistentemente il paradosso di Ivan Illich, il grande studioso e pensatore di alcuni dei temi più importanti della nostra società contemporanea. Il paradosso di Illich potrebbe essere definito il “teorema della lumaca”. La lumaca dopo aver aggiunto un certo numero di spire al suo guscio, interrompe la sua attività; se continuasse, una sola spira ulteriore aumenterebbe di 16 volte il peso e il volume da trasportare. La lumaca non si muoverebbe più. Ogni sistema, se supera una certa soglia, oltre la quale la capacità di produzione autonoma e la capacità di contenimento e utilizzo del prodotto lascia il posto agli eccessi, incontra una controproduttività paradossale nella quale la produzione causa un effetto opposto a quello che si proponeva di raggiungere. Solo l'insistenza per molti aspetti di certi pensatori, che continua a identificare lo sviluppo con la crescita, può non rendersi conto del paradosso in atto. Maggiori quantità di beni da consumare esigono maggiori quantità di energia da utilizzare; maggiori consumi indotti producono sistematici allontanamenti dal riconoscimento dell'essenziale e dalla creazione di una società sobria, più appropriata alla nostra contemporaneità. La minaccia derivante da questi modelli di pensiero dominante non è solo di natura economica. Essa riguarda anche uno dei problemi principali della nostra contemporaneità: La possibilità per noi cittadini di essere abilitati alla cittadinanza da un senso di responsabilità attiva che non sia espropriato da miti e aspettative vuoti e spesso insoddisfacenti con i relativi effetti di alienazione individuale e collettiva. Da quell'alienazione pare evidente che dipenda anche l'indifferenza verso il bene pubblico e verso i processi di partecipazione politica che sono uno dei principali problemi della crisi della nostra democrazia. Una volta ridotti da cittadini a clienti, siamo nella condizione continuamente bisognosa, che ci trasforma in clienti ideali del mercato senza limiti e potenziali sudditi perfetti. Non solo dell'assistenza pubblica ma anche delle forme di potere esistenti. In un tempo in cui cerchiamo, per molti aspetti in modo ossessivo, l'autenticità, dovremmo essere capaci di renderci conto che alla fine le insistenze in una certa direzione mettono in discussione la stessa umanità dell'uomo. Non intendiamo qui per l'umanità una natura biologicamente o culturalmente presupposte, ma ciò che siamo capaci di far nascere dalle pratiche responsabili attraverso le quali ci rendiamo la vita possibile. Questo è ciò che chiamiamo convivialità. Pare pertanto importante riflettere sulla ricerca di un giusto equilibrio tra la soddisfazione che può derivare dal consumo di beni belli utili e necessari e la responsabilità individuale, civile, collettiva, che ognuno di noi ha di arricchire la propria vita con la molteplicità e il pluralismo delle esperienze. La storia della tradizione della cultura di convivenza e solidarietà, proprie delle società locali del Trentino e dell'Alto Adige, dovrebbero essere delle buone basi di partenza per la costruzione di una nuova civiltà conviviale.