Non è una questione di acqua fresca

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Il 1961 non è poi così lontano, non solo se il parametro è il tempo biologico, ma anche solo storico. Eppure a quella data l’umanità usava solo tre quarti della capacità della Terra di generare cibo, fibre, legname, risorse ittiche e di assorbire i gas che generano effetto serra. La maggior parte delle nazioni aveva una biocapacità più grande della propria rispettiva impronta ecologica, cioè di quanto consumava. Verso l’inizio degli anni settanta, la crescita economica e demografica ha aumentato l’impronta ecologica dell’umanità portandola ad un livello più grande della capacità di produzione rinnovabile del pianeta: siamo quindi andati in una situazione di superamento ecologico. L’impronta ecologica, come è noto, è un sistema scientifico di contabilità delle risorse. La “Water conference” che si è svolta a Trento, passando molto in sordina, come se fosse una cosa che riguarda altri, dell’intera questione ha analizzato l’aspetto forse più impegnativo, quello dell’acqua. Una questione per la quale si stima purtroppo l’avvento di possibili guerre, a causa della sua carenza prevista e per la sua appropriazione. Le regioni alpine sono particolarmente coinvolte per la progressiva e rapida crisi dei ghiacciai, ma anche per i consumi sconsiderati che non risultano molto diversi da altri luoghi. Le cause, nonostante la distrazione riguardo al tema o addirittura la sua negazione, sono soprattutto antropiche. Siamo noi, con i nostri comportamenti ad agire sia sul cambiamento climatico che sui consumi. E la previsione è che aumentino, alle condizioni attuali, gli impatti non reversibili. È noto che quest’anno ci sono voluti meno di otto mesi per far sì che l’umanità esaurisse l’intero budget di risorse di tutto l’anno, andando così in una situazione di deficit ecologico. Tutto questo secondo i calcoli del Global Footprint Network, un centro di ricerca internazionale sulla sostenibilità con uffici in Nord America, Europa e Asia. Il Global Footprint Network studia l’andamento dell’impronta ecologica dell’umanità rispetto alla biocapacità naturale, cioé la capacità del pianeta di ricostituire le risorse e di assorbire i rifiuti, compresa la CO2. Si chiama Earth Overshoot Day la data in cui l’impronta dell’umanità in un certo anno supera la capacità rigenerativa della Terra di quell’anno. Dal 2000, secondo i calcoli del Global Footprint Network, l’entità del superamento é cresciuta e, di conseguenza, l’Earth Overshoot Day si é spostato da inizio ottobre 2000 al 19 agosto di quest’anno. Il problema del superamento della capacità rigenerativa sta diventando una sfida caratteristica del 21° secolo. E’ sia un problema ecologico che economico. Le nazioni con deficit di risorse e basso reddito sono particolarmente vulnerabili. Anche i paesi ad alto reddito che hanno avuto la possibilità economica di proteggersi dagli effetti più diretti generati dalla loro dipendenza dalle risorse devono rendersi conto della necessità di trovare una soluzione a lungo termine per superare tale dipendenza prima che diventino problemi troppo grandi rispetto alle loro capacità economiche. L’assessore provinciale Gilmozzi, all’incontro di studio realizzato a Trento, ha mostrato il senso e il merito delle scelte trentine. Una buona base di partenza che esige oggi un deciso salto di qualità in materia. Una volta si diceva “è acqua fresca” per indicare una questione di poco valore. È il caso di cambiare modo di dire e, soprattutto, comportamenti e scelte.