Alcune variazioni sul concetto di "buono"

Di Ugo Morelli.

Hic et Nunc

Ricordate quella storia della “cruna dell’ago” e del “cammello”? Ebbene, conviene rivederla alla luce di un nuovo approccio “teologico”. Secondo quello che potremo definire un “codex morandinianum”, quando uno è buono può essere anche ricco. E chi ha mai dubitato di ciò nel mondo laico e civile? La questione non riguarda tanto la legittimità della ricchezza, se giustamente guadagnata. Bensì una categoria molto più scivolosa indicata da quel “buono” su cui molto è stato detto e molto si può dire. Chi è buono? Mentre Pino Morandini mostra di saperlo con esattezza, come dichiara al Corriere del Trentino, dove appare evidente che egli è il prototipo del “buono”, noi su quella categoria abbiamo qualche dubbio. Buono è chi fa del bene agli altri? A quali altri? A quelli simili a lui? Chi per libera scelta è nella condizione di divorziare o ricorrere per necessità all’aborto è buono o cattivo secondo Morandini? E che cosa è il bene che il “buono” fa? Per un integralista dell’Isis fare il bene e essere buono è punire quelli che egli ritiene “infedeli”. Dal suo punto di vista e di quelli che la pensano come lui, egli tanto più è buono quanto più persegue gli infedeli. Essere buoni significa forse distribuire carità avendo molto e, quindi, concedere dall’alto le eccedenze? Questa prospettiva dovrebbe perlomeno fare i conti con un principio di giustizia e di uguaglianza, che traspare evidente nella parabola del cammello e della cruna dell’ago del Vangelo. E ancora, la dignità. Perché scomodarla? Non si dà dignità senza riconoscimento. Non sono io che mi definisco degno (a parte il “Domine non sum dignus”) ma qualcun altro che mi attribuisce dignità. E se c’è una merce non disponibile nell’opinione pubblica a proposito della triste vicenda dei vitalizi, è proprio la dignità riguardo ai comportamenti degli interessati. Vi è poi da domandarsi a chi risponde chi usa il danaro pubblico nei modi in cui lo usa? Non a Dio dovrebbe rispondere, ma a Cesare, sempre come la stessa fonte evangelica dispone. Amministrare la cosa pubblica vuol dire rispondere ai cittadini e non a Dio, a cui ognuno risponde, se lo ritiene e se è un credente, personalmente. In discussione non è l’uso che i beneficiari dei vitalizi fanno degli stessi, ma se debbano o meno goderne nei modi e nelle forme che si sono rivelati palesemente problematici. Il vertice delle dichiarazioni di Morandini è però l’affermazione: ”Non certo di soldi”. Ecco, quella battuta svela l’arcano. Perché mai sente il bisogno, l’interessato, di sostenere che non sta parlando di soldi? Siccome di altro non sta parlando che di soldi, “buona” cosa sarebbe chiamare le cose col proprio nome.