Nati originali, come accade che moriamo copie?
Contro il conformismo.

di Ugo Morelli
Archivio Sezione Hic et Nunc

Tendiamo a perdere l’unicità perché ci consegniamo al conformismo. È un paradosso ma ci succede. Pur di appartenere a qualche etnia o aggregazione o popolo, che ovviamente crea ed esibisce tradizioni e, spesso, superiorità indiscutibili e padronanza territoriale, rinunciamo alla nostra originalità di pensiero e ci consegniamo a qualche “causa”.
Dimentichiamo l’insegnamento del poeta di lingua francese originario di Mauritius, Edouard Maunick, il quale scrive: “Tutti i nostri antenati vengono da qualche parte”. Siamo tutti ibridi, chi più chi meno. Svendere la nostra unicità per un po’ di tepore rassicurante, per giunta inventato, non dovrebbe valere la pena. Ma allora perché accade? Una risposta possibile è che abbiamo bisogno di appartenenza. Ogni appartenenza, si sa, consente un senso di rassicurazione e di protezione di cui tutti abbiamo bisogno. Ad un certo punto però si fa strada quasi sempre l’applicazione di un principio causa-effetto: se questa situazione mi rassicura, tutto quello che può presentarsi come messa in discussione e come apertura al “diverso” lo identifico come causa del male. Ci portiamo dietro un retaggio, quello dell’isolamento come forma di vita prevalente, che ci ha accompagnato per tanti secoli della nostra storia, ma non è appropriato al nostro tempo presente. Oggi di isolamento si muore e proprio ad affrontare questo problema dovrebbero mirare la politica, l’educazione e la cultura. Il potenziamento delle capacità individuali, la capacitazione, può aiutarci a non divenire copie e può consentire ai gruppi e alle popolazioni di non divenire aggregati. Abbiamo bisogno di nuovi modi di pensare che si traducano in scelte politiche. Bene ha fatto il consigliere provinciale Michele Nardelli a invitare i comuni trentini a non applicare le norme governative contro i clandestini e ogni persona civile dovrebbe auspicare che venga ascoltato. La responsabilità individuale è cosa ben diversa dalla vulgata individualista della sopravvivenza del più adatto che in società dà vita all’indifferenza e, in economia, allo spontaneismo liberista i cui effetti disastrosi sono sotto gli occhi di tutti. Gli investimenti in cultura, come il Museo tridentino di scienze naturali e il Mart, per citarne due, ma tutte le iniziative che aprono le menti e aiutano a mettere in discussione l’ordine costituito, sono azioni di valore decisivo per generare nuove prospettive culturali, connettersi al mondo e promuovere una civiltà del dialogo. Solo insistendo su una via educativa e culturale sarà possibile preparare le condizioni per scelte politiche appropriate al presente. Non è difficile comprendere che in questo modo si tutelano davvero le appartenenze e la storia di una popolazione, non ingessandole ma connettendole al mondo. Nuovi modi di pensare richiedono che si provi a passare:
    • dal finalismo al riconoscimento dell’evoluzione; siamo figli di una lunga storia evolutiva e non c’è alcuna finalità nel nostro esistere; il riconoscimento della nostra autofondazione può generare un senso di responsabilità mai sperimentato e una nuova civilizzazione attente non solo al “perché” ma anche al “come” delle nostre scelte e dei nostri comportamenti;
    • dalla realtà fissa alla realtà creata con i nostri linguaggi e le nostre scelte; vivere la realtà e il mondo come frutto delle nostre convenzioni e dei nostri giochi linguistici rinvia a noi stessi il compito di inventarci nelle relazioni con gli altri;
    • dalla razionalità olimpica alla razionalità incorporata; la nostra cognizione è emozionata e le nostre credenze sono parte integrante della nostra percezione e dei nostri criteri di giudizio e valutazione; più che parlare di violazione della razionalità è importante riconoscere la nostra ragione incorporata e i suoi vincoli e le sue possibiltià;
    • da modi di pensare idealistici a modi di pensare post-darwiniani; la ridefinizione di cosa significa essere umani, evolvendo da una posizione idealizzata di noi stessi ad una posizione che ci faccia sentire parte del tutto è forse una delle vie per una nuova coscienza di specie in grado di far fronte alla crisi del governo democratico delle nostre realtà e del mondo in cui viviamo.