Cambiare schemi, cambiare vita

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Se si guarda alla decisione dell’assessore provinciale Daldoss di sospendere una serie di opere comunali per l’equivalente di 80 milioni, con gli occhi del campanile e con quelli degli interessi particolari, allora appare evidente la reazione dei costruttori e dei sindaci, anche per il cosiddetto mancato avvertimento preventivo. Se però, come sarebbe meglio fare, si considera da un punto di vista più ampio la decisione, risulta più facile rendersi conto che siamo di fronte a scelte rese necessarie dal bisogno di convertire un intero modello di sviluppo verso la qualità e la sostenibilità. Diciamolo chiaramente: il modello di sviluppo vigente fino ad ora si è basato su due grandi convinzioni a cui hanno corrisposto altrettante pratiche. La prima è quella che ritiene l’edilizia e le costruzioni di opere il volano dell’economia; la seconda riguarda il consumo illimitato di suolo come normale e il territorio come un’esternalità. Entrambe queste convinzioni appaiono ad ogni evidenza fuori tempo massimo. Sarebbe importante prenderne atto e considerarsi parte di un processo innovativo in cui si riconosca necessario: convertire i modi di intendere il territorio, l’ambiente e il paesaggio; trasformare strategicamente e professionalmente le imprese che operano nell’edilizia orientandole verso il recupero, la ristrutturazione e la valorizzazione dei patrimoni esistenti; riconsiderare gli investimenti nei comuni, oltre il campanilismo e verso una qualità della vita urbana non solo fatta di ulteriori opere pubbliche. Non si tratta di negare le buone ragioni di chi ha proceduto fino a oggi pensandosi in un certo modo come impresa o come amministratore pubblico. Quelle ragioni sono comprensibili e meritano l’attenzione dovuta a ogni posizione in un confronto. La questione rilevante è se certi orientamenti e certe modalità operative sono o non sono appropriate nel presente. A deciderlo non è tanto chi governa, ma l’effettivo andamento dei fattori e le trasformazioni in corso. Di quei fattori e di quelle trasformazioni si può prendere atto oppure no. Se non se ne prende atto si continua a ragionare con i paradigmi del passato e si rischia di restare fuori dal tempo. Se, invece, se ne prende atto, allora si capisce che quando tutto cambia, la prima cosa da fare è cambiare anche se stessi, diversamente si rimane, appunto, tagliati fuori. Adriano Olivetti ha scritto che governare vuol dire creare una comunità di persone che lavorano e vivono in armonia tra loro e con l’ambiente che li circonda, perché “ricostruite anche moralmente ed educate a pensare”. Gli schemi tradizionali sono totalmente cambiati e abbiamo bisogno di ripensarci, di ricostruire i nostri orientamenti e di cambiare la nostra vita.