La solitudine tra noi

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Non si sa se la solitudine, che spesso ci fa compagnia, nasca più dallo stupore verso le mutate condizioni rispetto alle attese e alla consuetudine, o dalla malinconia per un mondo che non c’è più. Fatto sta che chi si trova a riflettere sui volti intorno a noi, e sulle nostre stesse relazioni, non può astenersi da considerazioni impegnative. Luca Malossini lo fa sul Corriere del Trentino cercando di comprendere qualche ragione della nostra violenza quotidiana e delle spiegazioni frettolose che ci diamo, spesso dense di pregiudizi e di capri espiatori. Il fatto è che l’indifferenza e la solitudine sono in mezzo a noi e ci riguardano direttamente. Possono così diventare l’humus di delitti come quello di Zivignago. È difficile, peraltro, astenersi dall’avvertire che persino l’indignazione rituale che accompagna simili eventi sia parte del problema e si presenti come una neppure tanto sottile forma di rimozione. Ma che cosa possiamo intendere per l’indifferenza che è circolare alla solitudine e viceversa? Le nostre ricerche sul tema, confermate anche dai risultati di un recente studio internazionale della Brigham Young University, diretto da Julianne Holt-Lunstad e apparso su Perspective on Psychological Science, consentono di sostenere che l’indifferenza e la solitudine dipendano da una sospensione eccessiva della risonanza e del legame che noi viviamo con gli altri. Quella risonanza e quel legame sono la fonte di noi stessi. Noi ci fondiamo e ci generiamo nelle relazioni. Il clima sociale, l’atmosfera di socialità, di convivialità, di supporto reciproco, di attenzione all’altro, è la base sicura su cui si crea la personalità di ognuno. Quel clima è figlio dell’ampiezza di vedute e di coscienza del tempo che la cultura come via per coltivare l’umanità può generare. La qualità della presenza sociale è frutto degli investimenti in socialità che si fanno in una comunità; è frutto di politiche attente all’apertura e alla progettualità sociale, di sostegno all’emancipazione, di sollecitazione all’apertura delle coscienze. Anche nel mondo del lavoro e delle imprese, come si evidenzia nelle attività di Formazione Lavoro, la società per la formazione della Cooperazione Trentina, gli stessi dirigenti patiscono forti esperienze di solitudine. Le poche volte in cui rompono il silenzio e si raccontano, mostrano di sentirsi soli. Di che solitudine si tratta? Stiamo parlando di persone sempre in relazione, diretta o virtuale, con altri. Allora, forse, la solitudine di cui stiamo parlando, è una solitudine rumorosa, in cui si è insieme ma soli. Anche per l’incertezza imposta dalle trasformazioni dell’economia, ma soprattutto per la corresponsabilità di aver assecondato un modello di sviluppo supposto erroneamente senza limiti, oggi il carico della situazione presente sembra ricadere soprattutto sull’immagine di sé e sulla qualità delle relazioni. Se siamo esseri che s’individuano nelle relazioni con gli altri, la via per elaborare la solitudine è, probabilmente, la ricerca di una nuova dimensione appropriata a un presente che richiede una nuova civiltà delle relazioni e del lavoro.