Rischio e cambiamento nel lavoro*

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Che il cambiamento possa venire dal lavoro è un’aspettativa a dir poco legittima. Sarebbe prima di tutto auspicabile. E le sue implicazioni sociali e civili potrebbero essere molto importanti. A questa prospettiva potrebbe dare un contributo decisivo il sindacato. Il ricambio annunciato dalle dimissioni del segretario generale della Cgil del Trentino, oltre a essere un segno di democrazia interna, può diventare un’importante occasione di cambiamento. È da tempo che si sta cercando di vedere se emerge un modo nuovo di fare sindacato. Il punto principale riguarda la ricerca di inedite modalità di rappresentanza delle nuove forme del lavoro. In un sistema lavorativo del tutto trasformato, infatti, la domanda di tutela, dal precariato al lavoro temporaneo, alla volatilità dei rapporti, fino alle tante forme contrattuali, esige attenzione e stili diversi dal passato. Se la componente di rischio soggettivo nelle relazioni lavorative è del tutto cambiata, il rischio e l’incertezza non possono non diventare materia di attenzione e intervento per chi tutela i lavoratori e il lavoro. Questo significa cambiare pelle per il sindacato e passare dal tutelare le forme di lavoro sicuro al tutelare il lavoro così come oggi si manifesta e esprime. Nella Cgil vi sono le sensibilità necessarie e una cultura del rischio potrebbe portare a nuove strategie di tutela e valorizzazione del lavoro. L’attenzione dovrebbe essere rivolta soprattutto agli esclusi senza rappresentanza; agli inclusi provvisori; a quella “terza società” che è forse destinata ad allargarsi e che rischia di non avere voce, fatta soprattutto di giovani a rischio di anomia. Ognuno di noi sa che la bellezza di andare per mare deve fare i conti con la presenza degli scogli. Una delle origini della parola rischio è proprio scoglio. Non stiamo parlando dell’azzardo. Dall’arabo volgare “az-zahr”: dado, l’azzardo è un’esperienza dalle probabilità incontrollabili. Il rischio è invece connesso al rapporto tra le aspettative e la ricerca dei modi per perseguirle investendo le capacità di predizione/intervento in situazioni non note ed incerte. L’analisi delle probabilità e la protezione mediante metodi di intervento possono fare del rischio una fonte di opportunità. Ciò riguarda anche il rapporto con il nostro compito professionale, anch’esso portatore di incertezza. Una dose di inquietudine accompagna perciò il nostro rapporto con il rischio, ma è anche la fonte delle nostre possibilità. Come sosteneva George Braque, iniziatore del cubismo: “finchè siamo inquieti possiamo stare tranquilli”. Il rischio è il prodotto del pericolo che corriamo per l’esposizione che quell’evento o quell’azione comportano. Una cultura e una prassi sindacale attrezzate per gestire il senso e l’esperienza del rischio, sono tra le attese di un cambiamento auspicabile.

*Corriere del Trentino, 27 marzo 2015