Ambiente e sviluppo

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

A volte, cercando di rendere incisivo un messaggio lo si specializza per renderlo più specifico; il fatto è che, proprio diventando specifico, quel messaggio finisce per produrre esclusione. L’ambientalismo, se è una cosa seria, non può più essere una professione, ammesso che lo sia mai stato. La polemica sui parchi che si è svolta nei giorni scorsi risente di forme e di schieramenti che potrebbero essere rivisti e superati. La conservazione ansiosa e la netta separazione di pezzi di territorio da un processo evolutivo che non può che essere integrato, hanno mostrato di non pagare e di suscitare solo conflitti e antagonismi. È apparsa sempre più evidente negli ultimi anni la decisiva crescita della sensibilità verso il paesaggio, l’ambiente e il territorio. In questo hanno svolto una funzione rilevante le azioni pubbliche di governo e le attività di sensibilizzazione e educazione, insieme all’informazione sui problemi climatici e ambientali, locali e planetari. L’impegno di governo e normativo si è mostrato coerente e assiduo e i riconoscimenti internazionali ne sono una prova evidente. Alla tutela si può arrivare per decreto o per partecipazione e cultura. La seconda via esige la dismissione di un atteggiamento aristocratico e la capacità di negoziare e gestire bene i conflitti - intesi come incontro tra differenze di punti di vista, di interessi, di culture - che ogni cambiamento inevitabilmente comporta. La via della partecipazione e della cultura non mette lo sviluppo e la vivibilità da un lato, e la conservazione e la tutela dall’altro. I territori di montagna per vivere devono essere vivibili, attraenti per i residenti e per gli ospiti e capaci di economie appropriate. Devono esprimere opportunità per chi li abita e non essere vissuti come un destino da sopportare perché non ci sono alternative. Solo a queste condizioni ci saranno persone con competenze e conoscenze elevate disposte a investire le proprie capacità nei contesti alpini e si innalzerà la qualità della vita, il valore dell’economia e il livello di vivibilità. Certamente ci vuole grande attenzione a scegliere forme di vita e di economia appropriate e a promuovere la responsabilità attiva delle popolazioni. La norma rigida e il controllo non hanno funzionato e mostrano di essere anche costosi. Lo sviluppo di una cultura della vivibilità può trasformare, e in parte lo sta già facendo, le popolazioni stesse in vigili tutori delle proprie risorse, dei propri patrimoni, del proprio ambiente. Deve essere però chiaro che quelle risorse si rinnoveranno nel tempo solo se vissute e utilizzate in modo appropriato e rinnovabile. Solo se saranno luoghi di scelte consapevoli, di dialogo partecipato e non di separazione, i parchi vivranno e feconderanno della loro presenza anche gli ambienti circostanti.