La sindrome dello struzzo

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Perché abbiamo così paura degli esami di realtà? Ne abbiamo fino al punto da negare, rifiutare o escludere chi eventualmente ci invita o induce a fare un esame realistico delle situazioni in cui siamo. Gli inglesi usano un’espressione utile per indicare l’esame di realtà: dicono working through, che più o meno vuol dire “passare attraverso” o “lavorarci dentro”. Ora un grande poeta americano, Robert Frost, ha scritto che “la migliore via per uscirne è passare attraverso” le situazioni. Siamo invece portati principalmente a evitare, negare, scansare, tacere, colludere e altre amenità difensive, che finiscono per farci vivere di solito nella finzione, salvo poi lamentarci o trovare qualche capro espiatorio a cui attribuire le colpe di tutto quello che non va, più o meno paranoicamente. Non sono poche e nemmeno poco importanti le situazioni che trattiamo così. Prendiamone due che riguardano anche le nostre realtà locali molto da vicino. Il razzismo e l’omofobia. Pare evidente, nei linguaggi di ogni giorno e anche da parte di persone insospettabili, la crescita di orientamenti razzisti. Non ci riferiamo alle posizioni dichiaratamente tali, ma a una serie di atteggiamenti più o meno espliciti e proposti con fare politicamente corretto, che di fatto risultano razzisti. Siamo di fronte a quella decisiva definizione di Primo Levi, della “zona grigia”. Posizioni perbeniste e benpensanti che si affermano ed emergono mano a mano che le questioni si avvicinano e toccano direttamente, nel momento in cui un problema non si può più allontanare e rimuovere. Nel momento in cui non si può più essere “disponibili” e “altruisti”, ma dai salotti caldi di casa nostra. In modo direttamente proporzionale all’avvicinarsi del problema emergono le effettive posizioni. Proprio quando dovremmo assumerci la responsabilità del presente, facendo un dignitoso e richiesto esame di realtà. Un episodio locale recente assurto alle cronache nazionali ci ha messo, tra l’altro, di fronte alla tendenza pervicace a rimuovere la chiara ed evidente negazione del pluralismo di genere e della molteplicità degli orientamenti sessuali. Non avendo nulla da dire sulla dimensione personale del caso specifico, fa riflettere com’è stato trattato. Rimozione, negazione, aggressione e allontanamento hanno prevalso nettamente sulla disposizione a interrogarsi. Non certo per giustificare o condividere, sia chiaro, ma per fare un esame di realtà e chiedersi di che cosa è sintomo una certa posizione e cosa potrebbe fare ognuno di noi per ampliare l’area delle propria coscienza, assumendo finalmente la diversità come valore. Sarebbe il caso di smetterla di attribuire allo struzzo quel comportamento di nascondere la testa sotto la sabbia di fronte alla realtà: quel modo di reagire pare tipicamente umano.