Unioni civili e inciviltà

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc

Il dibattito sulle unioni civili sta diventando un segno della nostra persistente inciviltà. Il sospetto, abbastanza giustificato, è che al decisore pubblico, centrale o locale, importi molto poco la vita degli interessati. Sembra proprio che questo sia l’ennesimo caso in cui si ammantano di motivazioni etiche, ragioni che attengono marcatamente agli interessi partitico-elettorali e ai meccanismi del consenso. Accade come per il reato di clandestinità, a proposito del quale un Ministro della Repubblica afferma che non si può abolire non perché è efficace o non efficace rispetto allo scopo, ma perché non sarebbe il momento per l’opinione pubblica. Simili atteggiamenti mandano in frantumi ogni senso di responsabilità di chi governa. Il buon governo è un “gioco” a tre e non a due, in quel processo fragile ma fondamentale per le nostre libertà che è la democrazia. Governare democraticamente non vuol dire stabilire il rapporto più conveniente tra chi è eletto e chi lo elegge secondo una logica di voto di scambio, attenta solo ai meccanismi del consenso. È bensì, perlomeno, scegliere responsabilmente ascoltando la domanda sociale nel pieno rispetto delle regole istituzionali e guidando le decisioni nella direzione del bene pubblico. La logica del rinvio, invece, caratterizza il confronto, si fa per dire, su questioni delicate e importanti per la vita di tante persone. Scelte attinenti alla sfera personale, del tutto connesse agli aspetti affettivi ed emozionali delle persone, divengono oggetto di mercanteggiamento partitico. Non politico, si badi bene; perché dovrebbero essere materia di un confronto politico civile, ma non riescono a diventarlo. Non c’è differenza tra le realtà locali e quelle nazionali, come dimostra l’andamento della questione anche a livello locale. E siamo di fronte al paradosso che si creò a suo tempo per il divorzio. Non si considera una semplice cosa, come allora non si voleva considerare: le unioni adesso e le separazioni allora esistono di fatto, nell’esperienza delle persone, e sono aspetti evidenti del modo di vivere di tanti. Si può essere più o meno d’accordo con certe scelte attinenti alla sfera personale e sentimentale, ma in una elementare prospettiva di pluralismo democratico, quelle scelte non solo devono essere possibili, ma necessitano di essere pubblicamente riconosciute. I cosiddetti valori di una parte non possono essere di impedimento ad un’altra parte. Non si sta decidendo un obbligo verso la società, ma una possibilità per una sua parte; una possibilità personale e soggettiva che di fatto è già esperienza concreta e vissuta, ma costretta a una clandestinità non riconosciuta. Allora si porti a un livello civile un confronto che per ora mostra di essere davvero incivile e si agisca per aumentare il numero delle scelte possibili, non per ridurlo: forse il principio etico più importante nella nostra contemporaneità.