Parchi: Patrimonio economico o civile?

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc


“Proteggimi da ciò che voglio”, è l’invocazione contenuta nel verso di Jenny Holzer. La tentazione, che quasi sempre sfocia in azione, di mettere tutto sotto il cappello dell’economia è talmente pervasiva in questo nostro tempo di neoliberalismo, che lo facciamo e spesso non ce ne accorgiamo più. Ora, se ci si domanda che cos’è un parco naturale e perché noi esseri umani lo abbiamo inventato, non dovrebbe essere difficile trovare la risposta. Ce ne fornisce una, di risposte, Edward Wilson, forse il più importante studioso vivente della biodiversità. Wilson sostiene che noi esseri umani abbiamo una possibilità di avere un avvenire nel futuro della Terra: mettere a riserva metà del pianeta. Sembra una battuta ma non lo è. Se si legge il suo libro Metà della Terra, si scopre facilmente che è difficile dargli torto. Allora sa un poco di stantio la polemica sui parchi, tra conservazione e “motore di sviluppo”. L’automobile deve aver proprio monopolizzato le menti oltre a invadere le nostre vite, se prima ci siamo riempiti la bocca parlando di cultura come “petrolio” del nostro paese, e ora di parchi come “motori” di sviluppo. Se si riflette sulla effettiva possibilità di sviluppo oggi, per i nostri territori e le comunità locali, se ne ricava che sono proprio il concetto e il modello di sviluppo che devono essere riconsiderati e ridefiniti. Facendo questa semplice operazione il falso dilemma tra conservazione e sviluppo si scioglierebbe come neve al sole. A caratterizzare la domanda di ospitalità verso i territori alpini sono sempre più: ambiente, paesaggio, benessere, qualità della vita. Le forme di sfruttamento intensivo e impattante appartengono al passato, anche se sono quelle che restano prevalenti secondo certi orientamenti e certi interessi. Assecondandole si rischierebbe di mettere in discussione proprio quei fattori che sono e molto probabilmente saranno i fattori più importanti sia per l’attrazione verso gli ospiti che per la qualità della vita dei residenti. I parchi naturali sono patrimoni civili che rispondono a un’esigenza di biodiversità e la loro fruizione richiede criteri e regole precisi che ne valorizzino nel tempo la distinzione. I parchi naturali non sono artefatti da montare e smontare in funzione dei capricci di richieste che durano il tempo di un momento per poi esigere ulteriori rinforzi in una escalation senza fine. Inseguire quest’ultima prospettiva significherebbe mettere in discussione una delle principali distinzioni dei territori alpini pregiudicandone il valore nel tempo. Si faccia piuttosto in modo di rendere civile l’economia di un parco che è un’istituzione pubblica, perfezionando la professionalità nella gestione dell’accoglienza e differenziando l’offerta, dalla ricerca scientifica sulla biodiversità, fino all’educazione e al dialogo con i bambini e le giovani generazioni. Sarà stato un modo per distinguere tra parchi naturali e parchi dei divertimenti.