Ambiente e vivibilità: il tempo delle scelte

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc


Che cosa c’è di più ovvio dell’aria? Eppure guai a non respirarla!” dice un proverbio arabo. Aria, acqua, suolo, le più scontate risorse della nostra esistenza, scontate non sono più. Il clima è peggio del previsto. L’acqua è sempre più scarsa. Lo stesso accade per il suolo. Erano le fonti della nostra vita e non ce n’eravamo accorti. Così cambia la vivibilità sotto i nostri occhi. Ci consegniamo, nella maggior parte dei casi, all’attesa e alla speranza, ma di azioni e comportamenti effettivi all’altezza dei problemi se ne vedono pochi. “Tant ‘ll’aria  s’adda cagnà”, cantava Pino Daniele e dicono a Napoli. Che l’aria si cambi è certo, ma non sappiamo in quali direzioni. Anzi, abbiamo molti elementi che la direzione ce la indicano, e non è proprio favorevole alla nostra sopravvivenza come specie sul pianeta che ci ospita. Ad ogni evidenza le nostre posizioni prevalenti sono di negazione, di rimozione o di indifferenza, miste a levate di scudi tanto acute quanto passeggere, somiglianti per lo più a fuochi di paglia. Ora riflettiamo sulla stagione turistica estiva: ha piovuto, non ha piovuto; c’è troppo caldo, c’è freddo. E poi fra poco: nevicherà? Non nevicherà? Ma una via concreta per elaborare il trauma di accorgerci delle conseguenze delle nostre azioni non ci mettiamo a cercarla. Da recenti ricerche, svolte anche in Trentino e in Alto Adige, ricaviamo che sono almeno tre le sindromi con cui rimuoviamo o neghiamo i problemi relativi all’ambiente e al sistema vivente di cui siamo parte e che ci vedono responsabili in prima fila. La prima sindrome possiamo chiamarla quella del “dopo di te”. Tendiamo a dire che certo saremmo disposti a impegnarci per usare i mezzi pubblici, per mangiare meno carni rosse o per consumare meno acqua, ma dopo gli altri. La seconda sindrome si può definire del “Titanic”: impegnati come siamo nello “show goes on!” facciamo di tutto per continuare a vivere come viviamo contro ogni evidenza di rischi e pericoli effettivi. La terza sindrome è quella del “rinvio ad altri”: ci deve pensare chi governa, o la scienza, che troverà la soluzione. Eppure abbiamo evidenza che abbiamo adottato modelli e stili di vita che non possono essere perpetrati senza incorrere in problemi gravi e vicini. Le più ordinarie delle sostanze, pur avendo una funzione fondamentale nella nostra vita, pur essendo la condizione della nostra vivibilità, si manifestano solo ora alla nostra consapevolezza per quello che sono. E quella consapevolezza pare proprio non bastare per farci cambiare idea e comportamenti, perché presto si dissolve, e la forza dell’abitudine si richiude sulle nostre preoccupazioni facendo prevalere la consuetudine e il conformismo. Procediamo così verso il conformismo delle scelte, neutralizzando ogni discontinuità che potrebbe aprire a prospettive alternative. È tempo di aprire gli occhi e di intraprendere scelte concrete.