Necessaria una scelta di civiltà

Di Ugo Morelli.


Hic et Nunc


Primo: evitare le esecrazioni e i comportamenti sorpresi, insieme alle indignazioni di rito. È tempo di riflettere su noi stessi e sulle tenebre nelle quali stiamo scivolando, un passo dopo l’altro, quasi inconsapevolmente. In discussione sono i fondamenti etici della convivenza civile, costruiti nel tempo con fatica, lacrime e sangue. Stiamo pensando e agendo da razzisti e l’humus su cui si basano le manifestazioni estreme di violenza contro i profughi non viene dal nulla. Sia la posizione dichiaratamente ostile e insensibile che le dichiarazioni ambigue di certe forze politiche di fronte alla violenza manifesta, non solo non sono convincenti ma rappresentano la matrice degli atti distruttivi. A farci paura non sono, infatti, solo quelli schierati apertamente contro ogni forma di civiltà aperta necessaria e inevitabile, oggi, ma la maggioranza silenziosa che o tace o acconsente silenziosamente. Civiltà oggi è intercultura e apertura o non è. Non possiamo essere civili solo quando non siamo toccati direttamente: una posizione di comodo che non è adatta al nostro tempo. Siamo coinvolti e complici di quello che accade al mondo, in ogni parte del mondo. Allora sono le posizioni che non distinguono chiaramente tra fatti accettabili e inaccettabili; tra vero e falso, che fanno paura. La criminalizzazione indiscriminata dei profughi è inaccettabile. L’identificazione dei profughi con la prostituzione e con una serie di pericoli associati alla loro presenza è falsa e inaccettabile. La riconduzione e l’associazione dei profughi al terrorismo è falsa e estende un problema di qualcuno a tutti. È la “zona grigia” di Primo Levi che fa paura. Pregiudizi e stereotipi glaciano il pensiero e neutralizzano le differenze, mentre alimentano impropriamente le paure fino a trasformarle in panico e in possibili fonte di violenza difensiva. Un processo simile si può capire ma non condividere: esistono gli strumenti per farlo. La posizione difensiva che si fa violenta può diventare addirittura un’etica comportamentale, un dovere verso i simili, una posizione moralmente condivisibile offerta a se stessi e ai contemporanei smarriti nella globalizzazione dei problemi e nell’avvento dell’intercultura planetaria. Chi assume posizioni xenofobe e difensive acquisisce il merito di offrire punti di riferimento chiari, tangibili, e facilmente comprensibili. Il fatto è che quei punti di riferimento non solo sono sbagliati e falsi ma si riveleranno tragicamente portatori di distruttività reciproca se non saranno controllati e elaborati in modo non violento. Il dato di realtà è fatto di almeno due facce: non è più possibile oggi la coerenza rassicurante di un sistema chiuso; un mondo così non esiste più e chi lo promette è cieco o falso; la seconda faccia riguarda l’umanità delle scelte: l’altro siamo noi e la sua disperazione è la nostra; di questo magari non ci rendiamo conto nell’immediato ma non farlo potrebbe costarci caro.